Relazione annuale della Presidenza del Consiglio
Nonostante l’impegno assunto già nel 2001, l’Unicredit torna a svettare in cima alla lista degli istituti di credito che appoggiano le industrie del settore armiero. Questo è quanto emerge dai primi dati del Rapporto annuale della Presidenza del Consiglio relativi all’interscambio di prodotti militari nel 2007, reso noto il 28 marzo scorso.
Dal Rapporto si evince che l’anno scorso le operazioni autorizzate alle banche sono salite a oltre 1,2 miliardi di euro. Una delle spiegazioni dell’exploit Unicredit viene fatto risalire alla nascita del nuovo gruppo, con l’acquisizione di Capitalia, che mantiene una fetta importante del mercato di sostegno all’industria armiera.
Diminuiscono, invece, le operazioni del gruppo IntesaSanPaolo: un primo effetto della nuova policy entrata in vigore solo nel luglio scorso, ma che già sembra presentare risultati positivi, anche se – data la natura delle operazioni – è pensabile che occorrano alcuni anni per non veder più apparire il gruppo nell’elenco del Ministero delle Finanze per operazioni riguardanti i servizi d’appoggio al commercio di armi.
Per Giorgio Beretta, coordinatore della campagna Banche armate, «preoccupa invece la crecita di operazioni di istituti esteri come Deutsche Bank (173,9 milioni di euro), Citybank (84 milioni), ABC International Bank (58 milioni) e BNP Paribas (48,4 milioni) a cui vanno sommati i valori dell’acquisita BNL (63,8 milioni). Se siamo riusciti a portare diverse banche italiane ad esplicitare una policy precisa e il più possibile restrittiva in questa materia, dobbiamo creare la stessa azione di pressione sia in Italia sia negli altri paesi europei per quanto riguarda le banche estere».
Per quanto riguarda i dati dell’export degli armamenti, il 2007 ha segnato un nuovo record, con una cifra che ha sfiorato i 2,4 miliardi di euro, con un incremento del 9,4% rispetto al 2006 grazie soprattutto ad un’autorizzazione per missili contraerei, prodotti dalla MBDA, una controllata di Finmeccanica, verso il Pakistan.
Il regime di Islamabad con 471,6 milioni di euro si attesta come il primo compratore di armi “made in Italy”.«Se è positivo che il Governo abbia mantenuto l’impegno annunciato lo scorso anno aprendo un confronto con le associazioni come le nostre attente al controllo del commercio di armamenti, il trend di crescita dell’export è invece alquanto preoccupante», commenta Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Disarmo. Un trend che vede tra l’altro nel 2007 la ripresa di autorizzazioni verso Paesi non appartenenti alla Nato e all’Unione Europea che, con oltre 1,1 miliardi di euro, raggiungono il 46,5% di tutte le esportazione di armi italiane. Si conferma cosi quanto le analisi di Rete Disarmo evidenziano da tempo: nonostante una legge considerata “restrittiva” come la 185, dalla sua entrata in vigore (nel 1990) ad oggi più del 40% di armi italiane è stata diretta a nazioni che non appartengono alle principali alleanze economiche e militari del nostro Paese.
Nel 2007, tra i maggiori acquirenti di armi italiane figurano, infatti, oltre al già citato Pakistan (471,6 milioni di euro di autorizzazioni), la Turchia (174,6 milioni di euro), la Malaysia (119,3 milioni) e l’Iraq (84 milioni di euro). Proprio il Pakistan e la Turchia sono stati oggetto nei mesi scorsi dell’attenzione di due specifici comunicati di Rete Disarmo che, in considerazione delle tensioni interne e delle politiche militari dei due paesi, aveva esplicitamente chiesto al Governo italiano una sospensione delle esportazioni di armi italiane. Tra le nazioni Nato/Ue che commissionano armi italiane vanno ricordate invece la Finlandia (250,9 milioni di euro), Regno Unito (141,8 milioni), Stati Uniti (137,7 milioni), Austria (119,7 milioni) e Spagna (118,8 milioni).
Oltre alle autorizzazioni crescono anche le consegne definitive di armamenti che, come riporta l’Agenzia delle Dogane, superano gli 1,23 miliardi di euro a fronte dei 970 milioni del 2006. Forte incremento anche dei “Programmi intergovernativi” che – per l’arrivo a regime di diversi programmi, sfiorano nel 2007 i 1,85 miliardi di euro. «È particolarmente urgente che il governo italiano integri una seria politica di tutela dei diritti umani con le autorizzazioni alle esportazioni di tutti i sistemi di armi in particolare per quanto riguarda l’attuazione della raccomandazione del Comitato Onu sui Diritti dell’Infanzia che richiede di non esportare armi verso Paesi dove sono utilizzati i “bambini soldato”», afferma Daniela Carboni, direttrice dell’Ufficio Campagne e Ricerca di Amnesty International.
Pubblicato su Nigrizia.it 29 Marzo 2008
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