«Il candidato Faustin-Archange Touadéra, avendo ottenuto la maggioranza assoluta dei suffragi validamente espressi, è proclamato eletto al primo turno presidente della Repubblica». Ѐ con queste parole che la presidente della Corte costituzionale, Danielle Darlan, ha convalidato ieri alle ore 12.32 la rielezione per un secondo mandato del capo dello stato alle elezioni presidenziali e legislative dello scorso 27 dicembre.
Il verdetto della Corte costituzionale è arrivato con un giorno di anticipo sul calendario elettorale, il 18 gennaio, in cui ricorre la commemorazione del 42esimo anniversario del massacro di decine di studenti che manifestavano contro il regime Bokassa.
Per più di un’ora, la presidente ha ripreso, passo dopo passo, i diversi ricorsi presentati dall’opposizione, che chiedevano l’annullamento dello scrutinio per irregolarità, frodi, e per la non rappresentatività del voto, poiché soltanto un elettore iscritto su tre aveva potuto andare alle urne.
C’è da dire che, sebbene la Corte costituzionale abbia annullato i risultati di parecchi seggi elettorali, come Bambari, Baoro, Paoua, Carnot, Bozum, per irregolarità, tuttavia il loro impatto non avrebbe comunque potuto cambiare il risultato finale dello scrutinio poiché la differenza tra i primi due candidati è particolarmente accentuata.
Faustin-Archange Touadéra ha avuto infatti 318.626 voti (53,16%), mentre il suo principale avversario, Anicet Georges Dologuelé, ne ha avuti 130.017, che rappresentano il 21,69% dei suffragi.
La Corte Costituzionale ha precisato inoltre che il numero totale degli iscritti è stato di 1.858.236 e il numero dei votanti 655.054. Il tasso di partecipazione equivale quindi al 35,25% e non al 76,31%, come era stato annunciato dall’ANE (Autorità Nazionale delle Elezioni) lo scorso 4 gennaio. Un dato più che dimezzato.
I voti nulli sono stati 22.046, le schede bianche 19.284, mentre i suffragi validamente espressi 597.416. E’ bene qui ricordare come nelle due settimane che hanno preceduto queste elezioni ci sia stata una escalation di tensioni in tutto il paese dopo l’invalidazione della candidatura allo scrutinio presidenziale dell’ex presidente François Bozizé, estromesso nel 2013 da un colpo di stato.
Yaloké, Bossembelé, Boda, Mbaïki, Bouar, Béloko, a ovest del Centrafrica, Sibut, Damara, al centro, Bangassou, Grimari, a est del paese, e la stessa capitale Bangui, sono state attaccate, una dopo l’altra, da sei gruppi ribelli riunitesi nella Coalizione dei patrioti per il cambiamento (CPC), lasciando dietro di sé decine di morti nelle file dei ribelli, della Minusca, dell’esercito (Faca) e delle forze alleate – russe e rwandesi – con circa 60mila sfollati interni e oltre 30mila rifugiati nei paesi vicini, che vivono in condizioni disumane.
«Malgrado la situazione securitaria, il popolo centrafricano ha lanciato un messaggio chiaro e forte a coloro che li terrorizzavano, a coloro che dicevano di non andare a votare e al mondo intero» ha dichiarato la presidente della Corte costituzionale, nel corso della lettura del verdetto. «E il suo messaggio è il seguente: vogliamo scegliere i nostri dirigenti liberamente, come prescritto dalla nostra Costituzione, condannando gli atti di violenza e la presa del potere con le armi».
I prossimi cinque anni obbligheranno ancora una volta Faustin Archange Touadéra a cimentarsi in innumerevoli sfide, tra le quali: arginare un clima politico velenoso, lottare contro una corruzione dilagante, contrastare l’avanzata dei gruppi ribelli, rafforzare le relazioni diplomatiche con i paesi della sotto-regione, continuare gli sforzi nei processi di pacificazione, di riconciliazione, di giustizia e sviluppo del paese.
E mentre la Corte costituzionale proclamava i risultati definitivi delle elezioni presidenziali e legislative, la CPC ha continuato a seminare morte. Un convoglio di merci, che aveva lasciato Garoua-Boulaï in direzione di Bangui, è stato attaccato nel pomeriggio di ieri nei pressi del villaggio di Foro, tra Baboua e Zoukombo, dai ribelli, provocando un morto e diversi feriti. E due caschi blu della Minusca sono stati uccisi a 17 km da Bangassou, nel sud-est del paese, in un agguato perpetrato da miliziani.
La strada per mettere in sicurezza il paese si presenta estremamente ardua e resterà ancora per molto tempo una priorità nell’agenda del presidente Touadéra.