È la raccolta delle testimonianze di sette donne – Cèlestine, Flor, Yvette, Anabel, Nora, Arielle, Liliane – che vivono in un insediamento rurale, il batey, un universo chiuso, circondato da piantagioni di canna da zucchero nella Repubblica Domenicana. In baracche di legno e lamiera, vi vivono persone di origine haitiana e nera, dislocate sul gradino più basso della scala sociale.
L’autore di questo lavoro, antropologo, ha dedicato sei mesi al batey Ciguapa, realizzando numerose interviste e intrattenendosi a lungo con le donne della comunità. Perché le donne? Perché sono schiacciate socialmente ed economicamente, e quasi del tutto invisibili. Il testo è diviso in dieci capitoli, ciascuno corredato da una scheda di contesto e da una illustrazione di Magda Castel, che toccano dieci questioni: infanzia, razzismo, figli, lavoro, debito, prostituzione, amore, bachata (la musica che accompagna i gesti quotidiani) stregoneria, futuro.
Razzismo, Arielle: «la verità è che i dominicani non ci vogliono. Puoi lavorare come una matta, fare di tutto, non dare nessun problema, ma non cambia niente. Ti senti sempre in pericolo». Debito, Yvette: «Qui è impossibili fare progressi. Volevo comprare un generatore, un piccolo freezer e vendere ghiaccio, ma impossibile perché non girano soldi. Devi fare credito a tutti se vuoi vendere e poi chissà quando ti pagano». Si stima che nella Repubblica Dominicana ci siano almeno 500 bateyes, lascito del regime schiavista coloniale, dove vivono 250mila persone.