Il Festival del cinema africano d’Asia e America Latina (Milano, 20-28 marzo) si è concluso confermandosi appuntamento imprescindibile per gli appassionati di cinema indipendente. Le decisioni delle giurie confermano come il documentario sia il formato forse più interessante e idoneo a raccontare cinematograficamente il reale. Un formato che partendo dall’attualità lascia spazio all’autorialità e alla sperimentazione narrativa.
Il premio comune di Milano al miglior lungometraggio “Finestre sul mondo” è stato assegnato ex aequo a Lina From Lima di Marìa Paz Gonzàlez (Cile, Argentina, Perù) e Softie di Sam Soko (Kenya), un documentario su Boniface Mwangi fotoreporter e attivista kenyano.
Sam Soko ha realizzato un potente ritratto di un eroe contemporaneo mescolando con grande equilibrio la narrazione pubblica di un paese con quella privata di un uomo. Già attivista e fotoreporter, nel 2017 Boniface decide di candidarsi alle elezioni regionali sfidando apertamente le potenti e corrotte lobby politiche e battendosi contro un sistema basato su tribalismo e corruzione.
Il regista ha seguito per 10 anni Boniface e la sua famiglia realizzando un film per il popolo kenyano ma con il respiro di una storia universale. Consapevole di essere cresciuto in un paese di dittature, il regista sente la necessità di riflettere sul proprio passato e utilizza anche immagini d’archivio per ricordare come il colonialismo abbia utilizzato il tribalismo per meglio comandare e come i politici della post indipendenza abbiano portato avanti questo sistema.
Gli stessi politici che oggi hanno cercato di ostacolare il film considerandolo adatto alla visione di un pubblico solo adulto. Il film è stato proiettato per un breve periodo nelle sale del Kenya con grande successo. Per questo il regista, anche produttore, continua a proporre proiezioni indipendenti con dibattiti. Un film che fa riflettere, che oggi è verità e domani sarà archivio di memoria politica.
Diario della pandemia
Dal concorso Extr’A segnaliamo un altro documentario, Kufid di Elia Moutamid, che ha ricevuto una menzione speciale per lo sguardo originale sull’incubo Covid. Kufid è un diario visivo della pandemia dal punto di vista del regista che, al ritorno da un sopralluogo in Marocco, si ritrova bloccato in casa in una Brescia accerchiata dal Covid.
Lo sguardo ironico di Moutamid spazia dalle cronache dei media italiani alla gentrification di Fez e ripercorre la sua storia famigliare di migrazione. L’intimità della casa e dei rapporti familiari si alterna a visioni di un paesaggio da coprifuoco dove le architetture industriali coabitano con vecchi cascinali.
Il tono inizialmente ironico lascia spazio nel finale ad una riflessione amara scaturita dalle reazioni alla liberazione di Silvia Romano. E il motto “distanti ma uniti”, ritornello della pandemia, sembra solo ipocrita.