In Egitto è tempo di Ramadan e di Quaresima. La Chiesa cattolica infatti, sia di rito copto che di rito latino – una minoranza di 250mila persone rispetto ai circa 10 milioni di copti ortodossi egiziani – qui ha scelto di seguire il calendario orientale, perciò, a parte le poche chiese che servono gli stranieri, è ancora nel tempo di preparazione della Pasqua che si celebra il 2 maggio.
Un tempo speciale e particolarmente sentito dalle Chiese orientali, dove c’è molta attenzione alla preghiera e al digiuno. I copti per tutto questo tempo non mangiano cibo di origine animale e, almeno quelli che possono, digiunano completamente fino alla messa quotidiana di mezzogiorno.
Quest’anno, questo tempo coincide inoltre in larga parte con il Ramadan, il mese sacro dei musulmani, iniziato il 13 aprile. Anche per loro, che rappresentano l’88% della popolazione, si tratta di un tempo speciale, dove tutti gli adulti sani sono invitati a digiunare da qualsiasi cibo o bevanda, dalla chiamata alla preghiera dell’alba fino a quella del tramonto.
Inoltre, si è invitati a fare una lettura continuata del Corano, leggendolo tutto almeno una volta (ma alcuni lo fanno 5 o 6 volte!) durante questo mese. C’è infine una rinnovata attenzione ai tempi di preghiera, soprattutto quella del tramonto, con la rottura del digiuno, e quella del venerdì.
Ѐ un tempo, dunque, particolare per queste comunità che formano l’identità, la storia e la cultura di questo paese antico e pieno di tradizioni. Ancor più visto che, per il secondo anno di fila, stanno vivendo questi tempi di Quaresima e Ramadan con le limitazioni dovute alla pandemia del Covid-19.
Una situazione molto diversa rispetto all’Italia. Non c’è mai stato, infatti, un vero lockdown e, dal Ramadan dell’anno scorso, neanche un coprifuoco. Eppure, le limitazioni pesano sulle tradizioni di copti e musulmani, non solo dal punto di vista religioso ma anche sotto l’aspetto identitario.
Nelle Chiese tutte le attività sono sospese, con l’eccezione delle messe, permesse col limite del 25% di posti occupati. C’è il forte presentimento che anche quest’anno la Settimana Santa, in arabo chiamata la “Settimana dei dolori”, sarà celebrata a porte chiuse per la difficoltà di garantire distanziamento e precauzioni.
Un ulteriore sacrificio per i cristiani di tutti i riti, legati soprattutto alla celebrazione del Venerdì Santo, che secondo il rito copto comincia la mattina alle 6 e va avanti, con differenti riti e preghiere, fino all’alba del sabato. Molti sono abituati a passare tutta la giornata ed anche la notte in chiesa (dentro o nel cortile, in un misto fra spiritualità e vita sociale).
Anche per i mussulmani le limitazioni pesano. Le preghiere nelle moschee sono permesse, ma non ci saranno, di nuovo, le tavole del misericordioso, né le preghiere comunitarie che vengono di solito svolte dopo il iftar, il pasto che rompe il digiuno. Sono preghiere che vengono fatte solo durante il Ramadan e solitamente vedono la partecipazione di grossi numeri di persone.
Anche quest’anno, quindi, cristiani e musulmani sono uniti nel celebrare tempi così significativi per le rispettive fedi in maniera oltremodo sommessa, tendenzialmente più personale. Anche qui si sente pesantezza per la pandemia che si protrae, con le sue conseguenze sociali ed economiche. Senza contare che il contenzioso con l’Etiopia sull’uso delle acque del Nilo, che sembra essere arrivato ad un punto di rottura, preoccupa tutti.
Credo, allora, che ancora una volta abbiamo davanti due sguardi possibili alle sfide che viviamo: o concentrarci sulle differenze, vedendo nell’altro un rivale ed un nemico, o cominciare a vedere nell’altro, con la sua diversità, un fratello con cui condividere difficoltà e speranze. Mi auguro che da questo tempo di Quaresima e Ramadan 2021 gli egiziani tutti, ed anche noi, possiamo uscire avendo fatto un passo in più in quest’ultima direzione.