Nigeria, 50 anni di storia attraverso i quotidiani - Nigrizia
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Nasce il progetto open source “Tracking Archivi”
Nigeria, 50 anni di storia attraverso i quotidiani
Un gruppo di volontari ha avviato da qualche mese un progetto storico-culturale impegnativo e ambizioso: creare un archivio online che contenga i tutti giornali pubblicati nel paese dall’indipendenza, nel 1960, fino alla fine del 2010
29 Maggio 2021
Articolo di Antonella Sinopoli
Tempo di lettura 5 minuti
Raccolta vecchi giornali
Nigeria, raccolte di vecchi giornali

Archiviare online 18.627 giorni di giornali. Vale a dire un giornale al giorno, pubblicato in Nigeria dal 1° gennaio 1960 al 31 dicembre 2010. A partire, dunque, dall’indipendenza del paese dal dominio coloniale britannico, agli anni in cui i giornali erano ormai già quasi tutti diffusi online.

Una vera e propria road map su cui giornalisti, storici, studiosi di varie discipline e un pubblico curioso, possano orientarsi per fare ricerche e per capire l’evoluzione della società nigeriana attraverso cinquant’anni di eventi. Dopotutto, i quotidiani – come si legge sul sito che spiega e anticipa il progetto, Tracking archvi.ng – sono “la prima bozza della storia”. A lavorare a questa iniziativa sono un gruppo di volontari capitanati da Fu’ad Lawal.

Lawal, non a caso, è un giornalista, direttore di Zikoko Magazine e collaboratore di varie testate. Tre le motivazioni che hanno spinto questi giovani a dedicare il loro tempo libero alla formazione dell’archivio: conservare le informazioni dei vecchi giornali in deterioramento e portarli online, dove possono vivere per sempre; rompere le barriere che limitano l’accesso alle informazioni, rendendole accessibili a chiunque e ovunque; ordinarle in modo utile e pertinente, per assicurare a chi fa ricerche online di trovare quanto cerca nel più breve tempo possibile.

I lavori di ricerca, vanno avanti già da qualche mese e si spera di riuscire a trovare non solo altri volontari ma anche finanziatori. Per cominciare, conti alla mano, servirebbero almeno 25mila dollari. I ragazzi intendono infatti acquistare uno scanner, occorre pagare la logistica e gli spostamenti, costruire il web. In una sezione del sito è pubblicato un vero e proprio piano finanziario, completo di criticità e idee.

Un progetto open source che vuole e deve essere, necessariamente, aperto e inclusivo. Chi vuole partecipare può compilare un form e nel frattempo (in un’ottica di trasparenza) online si trova anche il doc che comprende l’andamento dei finanziamenti e la somma delle entrate e delle uscite.

Tra le testate su cui si sta lavorando – cercando in biblioteche, emeroteche, collezionisti privati, scantinati delle redazioni e dovunque sia possibile “scovare” vecchi giornali – ci sono The New Nigerian, The Nigerian Tribune e National Concord. In Nigeria – come spiega Fu’ad Lawal in un’intervista rilasciata al Reuters Institute – ogni Stato federale ha una biblioteca. Il fatto è che tali biblioteche non sono digitalizzate. Questo vuol dire che il materiale conservato si sta deteriorando e la situazione peggiora di anno in anno. Ma anche che le biblioteche non sono accessibili (non essendo in rete) da ogni parte del paese.

«Se ho bisogno di trovare una storia accaduta in Nigeria nel 1953 – dice Lawal – è meglio che guardi alla British Library che a una qualsiasi delle biblioteche nazionali del mio paese». Naturalmente avere a disposizione un archivio di “vecchie storie” permetterà anche ai più giovani, che ormai ricorrono ad Internet per qualsiasi tipo di ricerca, di accedere a fatti sul loro paese che nessun altro potrebbe avere raccontato come i giornalisti dell’epoca, testimoni e narratori al tempo stesso.

Archiviare articoli di giornale online vuol dire dunque, anche fornire chiavi di lettura e prospettive diverse a quelle del giornalismo occidentale. Vuol dire poter leggere punti di vista e situazioni raccontate da chi le viveva e osservava da vicino. Ma significa anche arricchire il “patrimonio di Google” con documenti che finora sono stati solo cartacei e rischiano di scomparire con il tempo.

Una nota positiva di questo lavoro, che non si preannuncia breve né facile, è che in Nigeria – come in altre parti del mondo – le testate hanno l’obbligo di inviare una copia delle uscite alle biblioteche. Alcuni, spiega ancora Lawal, sono però andati perduti, per il resto si tratta di un paziente lavoro di ricerca. Lavoro fatto anche “consumando la suola delle scarpe” proprio come facevano i reporter di una volta.

Ovviamente si tratta di un progetto ambizioso che non nasconde difficoltà. A cominciare dall’accesso alle biblioteche statali che per certi tipi di ricerche – dice Lawal – sono riservate a entità costituite. Mentre il team di volontari attende di registrarsi come organizzazione senza scopo di lucro, ci si è messi già al lavoro prendendo in prestito un mese di giornali. L’obiettivo, naturalmente, è anche mostrare – sia in Nigeria che all’estero – la concretezza di questa idea, di suscitare interesse e trovare sponsor.

Lavorare sulle fonti, ricostruire e legare vicende del passato con il presente è un importante lavoro storico e giornalistico. Ecco perché chi ha pensato a questa iniziativa insiste sul suo valore intrinseco: quello di non perdere documenti così importanti e specifici. E non perdere di vista la propria narrazione.

In Nigeria esiste un altro progetto analogo, che ha lo scopo di preservare le eredità specifiche della cultura nigeriana. È però un progetto portato avanti da una singola persona, Amanda Kirby-Okoye, che ama collezionare e conservare tutto ciò che riguarda la cultura e la storia del suo paese, la Nigeria appunto.

C’è lei dietro Joliba, che custodisce delle vere e proprie chicche sulla cultura ed eventi storici del paese ma anche di carattere internazionale, come la scannerizzazione di un’acquaforte che testimonia la Conferenza di Berlino del 1885, quando le potenze europee si spartirono i territori del continente, dando così il via alla corsa all’Africa.

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