26.425 gravi violazioni tra cui attacchi a scuole, ospedali e il negato accesso all’assistenza umanitaria. Nel 2020 i bambini e le bambine nelle aree di crisi di molte parti del mondo sono stati al centro di violenze e abusi. Lo dicono i numeri del rapporto annuale dell’Ufficio del Rappresentante speciale del Segretario generale per i bambini e i conflitti armati presentato alle Nazioni Unite con il titolo Children and armed conflict.
Gli analisti che hanno lavorato all’indagine, alle interviste e alle verifiche, tracciano un quadro sconfortante della condizione dell’infanzia travolta dall’onda di guerre e conflitti, a cui si è aggiunta la pandemia che non ha fatto che peggiorare certe situazioni e isolare ancora di più le persone vulnerabili, allontanandole dagli aiuti e dal controllo della comunità internazionale.
Tra le violazioni contro i bambini, il reclutamento e l’uso nei conflitti armati, uccisioni e mutilazioni, stupri e altre forme di violenza sessuale, rapimenti. Questi ultimi in particolare hanno registrato un incremento del 90% (pensiamo solo alla Nigeria dove i rapimenti di massa di studenti prelevati dalle scuole è una piaga su cui il governo non riesce ad intervenire). Mentre gli stupri e altre forme di violenza sessuale sono saliti del 70%.
In questo senso sono le bambine e le ragazze ad essere state le più colpite da tali abusi, secondo il report si tratta del 98% di tutte le vittime. La situazione che emerge dallo studio, oltretutto, potrebbe rappresentare solo una parte della realtà visto che, dicono gli analisti “le informazioni non rappresentano l’intera scala delle violazioni contro i bambini, poiché la verifica dipende da molti fattori, incluso l’accesso”.
Accesso che si è fatto sempre più complicato. Nel rapporto si rileva, appunto, che gli attacchi o le minacce ai leader della comunità e dei cittadini, ai difensori dei diritti umani e agli osservatori delle violazioni contro i bambini, non solo sono forte motivo di preoccupazione ma mettono a dura prova la capacità di monitoraggio.
Secondo il report, sono 19.379 ragazzi e ragazze che hanno subito una o più gravi violazioni nell’anno trascorso. Mali, Sudan, Sud Sudan, Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Somalia per quel che riguarda il continente africano e poi Afghanistan, Myanmar, Filippine, Siria, i paesi dove si sono registrati il maggior numero di violenze e abusi.
Somalia, Rd Congo, Afghanistan e Siria: questi da soli hanno rappresentato quasi il 60% di tutte le violazioni accertate nel 2020. Ma in tutto sono 21 i paesi maggiormente monitorati e dove sono state accertate gravi violazioni e violenze sui minori. Più di 8.400 bambini sono stati uccisi o mutilati dalle guerre in corso, con Afghanistan, Siria, Yemen e Somalia che mostrano il numero più alto di vittime.
Il reclutamento e l’uso di bambini soldato sono proseguiti nel 2020 con quasi 7.000 minori coinvolti, la maggior parte dei casi verificatisi nella Rd Congo, in Somalia, Siria e Myanmar. Inoltre, moltissimi sono stati gli attacchi a scuole e ospedali, compresi gravi attacchi perpetrati contro l’istruzione delle ragazze e contro le strutture sanitarie e il personale.
Si è registrato anche un aumento dell’uso militare delle scuole, chiuse per la pandemia e quindi facili bersagli per l’occupazione e l’uso da parte di truppe regolari e vari gruppi armati. Un segnale chiaro della degenerazione dello stato di sicurezza di una nazione.
E c’è un altro dato che lascia capire quanto sia compromessa l’infanzia in alcuni paesi e le modalità incongrue con cui gli Stati spesso intervengono: 3.243 bambini e ragazzi sono detenuti con l’accusa di far parte di gruppi armati. Insomma, bambini vittime, trattati come adulti e come criminali.
Il 64% delle violazioni registrate ai danni di bambini e ragazzi sono da attribuire ad attori non statali, il 20% invece sono compiute da elementi dello Stato e da forze internazionali. Come a dire, l’infanzia nelle zone di conflitto non può essere certa di essere difesa e salvaguardata. In aree instabili o dove ci sono conflitti violenti, i bambini sono bersaglio facile, anche da parte di chi dovrebbe proteggerli.
«Le guerre degli adulti hanno portato via l’infanzia di milioni di ragazzi e ragazze. Questo è completamente devastante per loro, ma anche per le comunità in cui vivono, e distrugge le possibilità di una pace sostenibile. Non possiamo cancellare il passato ma possiamo lavorare collettivamente per ricostruire il futuro di questi bambini, il nostro futuro», così ha commentato Virginia Gamba, responsabile del gruppo di lavoro del Consiglio di sicurezza sull’infanzia e il conflitto armato.
Il report prova a dare una speranza sottolineando aspetti positivi: progressi tangibili si sarebbero registrati nei dialoghi con le parti in conflitto in Afghanistan, Repubblica Centrafricana, Nigeria, Filippine, Sud Sudan, Siria, Myanmar. Lo scorso anno sono stati assunti 35 nuovi impegni dalle parti in conflitto per proteggere i bambini e 17 “piani d’azione” sarebbero in fase di implementazione.
Inoltre, oltre 12.643 bambini sono stati rilasciati da gruppi e forze armate a seguito ad accordi delle Nazioni Unite con le parti in conflitto. E molti altri sono stati risparmiati dal reclutamento in paesi e crisi in cui l’Onu ha piani d’azione con i governi per fermare, appunto, l’uso dei minori nei conflitti armati.«Dobbiamo agire per costruire un futuro in cui prevalga la pace. Per favore, date ai bambini quell’alternativa» ha concluso Virginia Gamba. La questione rimane sempre la stessa: la volontà che questo accada. Che la speranza si tramuti davvero in azioni concrete.