Molto inquieto Noureddin Bongo, figlio del presidente Ali Bongo, fisicamente ancora molto debilitato in seguito all’ictus che lo aveva colpito nell’ottobre del 2018. Noureddin regna come delfino a Libreville ma la notizia dell’imminente rientro in Gabon di Frédéric Bongo, fratellastro di suo padre, non può che inquietarlo.
Sylvia Bongo, moglie del presidente, era stata nel 2019 all’origine di un serio ripulisti a Libreville. A farne le spese era stato in particolare l’uomo chiave dell’intelligence gabonese, il colonnello Frédéric Bongo, direttore generale dei servizi speciali, il servizio di informazioni della Guardia repubblicana. Allontanato dal potere, il fratellastro di Ali Bongo era stato nominato al posto di addetto militare in Sudafrica.
Sembrava proprio che quest’uomo temibile e temuto, dalle azioni brutali, molto appoggiato dalla Francia dove possiede tanti immobili, fosse stato messo fuori gioco. Subito dopo, infatti, il direttore di gabinetto di Ali Bongo, il franco-gabonese Laccruche, un simpatizzante di Frédéric Bongo, era finito in prigione, dove sta ancora languendo nonostante le rimostranze francesi e la decisione dei giudici di lanciare una rogatoria internazionale.
Ma ecco la notizia: Frédéric Bongo rientrerebbe a Libreville nelle prossime settimane, dopo un breve soggiorno di formazione in seno all’esercito francese. La cosa non può naturalmente non suscitare preoccupazione nel delfino designato a Libreville, Noureddin Bongo, che, costantemente sostenuto dalla madre, regna ormai sul Gabon per via del precario stato di salute del padre.
Così, cercando di limitare il potere di nuocere dello zio Frédéric, Noureddin Bongo tenta di eliminare il sostegno che lo zio avrebbe ancora nelle stanze del potere gabonese.
Mentre cerca di riorganizzare il ministero degli idrocarburi, di cui il Gabon è ricco, Noureddin prova anche ad allontanare un certo numero di consiglieri israeliani che vegliano con innegabile professionalità sulla sicurezza del palazzo presidenziale.
Iniziative, però, che suscitano un certo malumore a Libreville: Noureddin si ritiene il solo capitano a bordo, mentre le reti di potere di papà rimangono tuttora molto potenti. Che sia un segno della sua mancanza di maturità politica?
Noureddin ha comunque ragioni da vendere a temere il ritorno dello zio che è ben cosciente che nonostante l’ottima buona volontà del presidente di recuperare la salute di prima, difficilmente ritornerà l’uomo in misura di governare il paese. Lo zio intende giocare un ruolo di primo piano nella successione che si prepara con le elezioni, previste nel 2023.
Senza dimenticare poi che durante il processo contro gli autori del colpo di stato del 7 gennaio 2019 da parte del colonnello Kelly Ondo Obiang, luogotenente della Guardia repubblicana – condannato a 15 anni di carcere il 1 luglio scorso assieme ad altri due commilitoni -, erano stati denunciati pubblicamente in un tribunale fatti di tortura che avevano rivelato il lato oscuro di Frédéric Bongo.
Durante il processo si era scoperto che la tortura era pratica corrente al Palais Rénovation, sede della presidenza della repubblica. Era la prima volta che se ne parlava in pubblico, anche sui media ufficiali o nella successione che si prepara.
Lo stesso Kelly Ondo Obiang aveva denunciato come suo torturatore il luogotenente colonnello Frédéric Bongo. Rivelando così quanto l’immensa maggioranza dei gabonesi sa e cioè che il palazzo presidenziale non è soltanto la sede del potere, ma anche un luogo di tortura. E questo da più di 50 anni!
Già negli anni ’60 gli oppositori al regime vi venivano portati per essere torturati. Lo stesso Omar Bongo – padre di Ali, al potere dal 1967 al 2009, quando, alla morte, gli successe il figlio – allora giovane direttore di gabinetto, raccontava di averne liberati alcuni… E sotto di lui, il nuovo palazzo presidenziale, non era solo una costruzione imponente (quasi 10 volte più grande dell’Eliseo) ma anche, appunto, luogo di sofferenza e terrore.
Ora c’è anche la prova che sotto Ali Bongo si continua a torturare alla presidenza della repubblica. Come d’altronde nel resto del paese. Il che non ha impedito che nel 2020 il Gabon entrasse a far parte del Consiglio dei diritti umani all’Onu per un mandato di tre anni.