Lo scorso 5 agosto la procura militare libica ha emesso un mandato d’arresto nei confronti di Saif al-Islam Gheddafi, figlio del defunto leader libico Muammar Gheddafi, sospettato di legami con i mercenari russi della Wagner e di crimini di guerra da questi commessi contro i civili.
Solo pochi giorni prima, Gheddafi aveva rilasciato un’intervista esclusiva al New York Times, pubblicata online il 30 luglio, in cui parlava dei suoi piani per tornare in politica.
Il mandato di arresto, emesso dal procuratore Mohammed Gharouda, fa riferimento al caso 114/2019 relativo alle uccisioni di cittadini libici da parte dei contractor di Mosca durante l’offensiva delle forze di Khalifa Haftar su Tripoli. Nell’ambito della stessa inchiesta, la procura militare aveva emesso, nell’ottobre 2019 e nel luglio scorso, mandati d’arresto per lo stesso Haftar, per suo figlio Saddam e per sei ufficiali delle milizie al suo comando.
I combattenti russi sono apparsi per la prima volta in Libia nel 2019 a sostegno delle forze di Haftar impegnate nel tentativo di conquistare Tripoli e far cadere il governo di accordo nazionale di Fayez al-Serraj, sostenuto dalle Nazioni Unite. Il conflitto si è concluso con un cessate il fuoco nell’ottobre 2020 che ha permesso la formazione di un nuovo governo di transizione guidato, dallo scorso 15 marzo, da Abdul Hamid Dbeibeh (o Dbeibah), spingendo le forze di Haftar a un ritiro verso sud.
Più volte, in questi mesi, l’Onu ha chiesto a Russia e Turchia di richiamare i propri mercenari, finora senza risultati.
Il gruppo Wagner è apparso per la prima volta nel 2014 nell’Ucraina orientale, a sostegno dei separatisti filo-russi. Da allora, è stato coinvolto in molti altri territori di instabilità e conflitto, dalla Siria al Mozambico, dal Sudan alla Repubblica Centrafricana. Alla testa della Wagner c’è Evgenij Prigožin, un uomo d’affari con stretti legami con il presidente russo Vladimir Putin.
Durante la realizzazione di un recente documentario della BBC World Service sulle operazioni di paramilitari russi in Libia, funzionari dell’intelligence libica hanno parlato di forti legami di Gheddafi con Mosca e lo hanno descritto come “il candidato preferito della Russia per governare la Libia”.
Saif al-Islam da anni non appare in pubblico. Dopo l’uccisione del padre, nel 2011, fu catturato e detenuto nella città di Zintan, a sud-ovest di Tripoli, per sei anni. Durante quel periodo fu condannato a morte in contumacia da un tribunale di Tripoli per l’uccisione di manifestanti nel 2011.
Sulla sua testa pesa anche un mandato d’arresto emesso dalla Corte penale internazionale (Cpi) nel 2017 per crimini contro l’umanità commessi durante la repressione della ribellione. (M.T.)