I tentativi per arrivare a “fare gli italiani”, dopo aver “fatto l’Italia”, sono stati innumerevoli, Francesco Filippi li racconta in un interessante excursus storico in cui si contano più fallimenti che successi, a dire il vero. Eppure, questo mito dell’italianità è duro a morire e imperversa fino ai giorni nostri, tanto da diventare un moderno slogan per stringersi a una certa “coorte” politica, che ne ha fatto un motto su cui costruire un’appartenenza identitaria.
Ma chi sono realmente i soggetti cui si riferisce il tanto diffuso slogan “prima gli italiani”? Coloro che abitano lo Stivale? Chi parla italiano? Chi possiede la cittadinanza e magari l’italiano non lo parla e in Italia non c’è mai stato, ma vanta un discendente? Quanto bisogna andare indietro per garantirsi il pedigree di italiano doc? E di che colore bisogna essere per definirsi tali, quando c’è chi ancora dice che non possono esserci italiani neri?
Filippi scrive che sono quasi due secoli che l’Italia combatte per costruire sé stessa, a partire dall’unione di popoli che neanche sapevano cosa fosse l’Italia; questo mosaico di culture che parte dalla Roma dei Cesari, un mito utilizzato più volte, in varie epoche passate, per dare una coperta imperiale e vincente all’italianità…
Un concetto così liquido che ancora oggi, mentre aumentano le culture che abitano il paese, l’italianità è più un nozione divisiva che unificante, fosse solo per i campanilismi che abitano nelle regioni, i distinguo che continuano a dividere le genti delle varie città.