È sempre opportuno e utile – in particolare per l’opinione pubblica italiana che tende a rimuovere ciò che accade fuori dai confini patrii – tornare sul genocidio avvenuto in Rwanda nel 1994, che costò la vita a non meno di 500mila persone in gran parte di etnia tutsi ma anche hutu moderati. Questa volta è un racconto a fumetti realizzato dalla giornalista Di Pirro e dalla sceneggiatrice Ferrara, la colorazione delle tavole è di Stefano Orsetti.
I protagonisti sono Jean, ex soldato francese che cerca di dimenticare, e Marie, una bambina tutsi scampata alla morte grazie a Jean, che vuole sapere che cosa è accaduto in quei cento giorni (aprile-giugno) che le hanno portato via entrambi i genitori.
Il fumetto tocca, anzi sfiora, alcuni aspetti – il ruolo “passivo” della Francia, e della comunità internazionale, la preparazione del massacro, l’“invenzione” dell’etnia, il regime hutu simbolo del male e il Fronte patriottico tutsi ricettacolo di tutte le virtù – e sceglie di non trattarne molti altri (che cosa è accaduto in Rd Congo, ad opera del Fronte patriottico, negli ultimi 25 anni?).
La conclusione che si affida al lettore è che oggi il Rwanda, finalmente riconciliato, sarebbe entrato in un’era di pace e prosperità. Conclusione fuorviante, ribadita dagli articoli che accompagnano la graphic novel. La “riconciliazione” di Paul Kagame si fonda sulla negazione di ogni memoria che non sia quella che fa comodo al regime e sulla repressione di ogni forma di dissenso. Il bene e il male sono molto più sfumati.