Il 3 ottobre del 2013, a poche miglia dalla costa dell’isola di Lampedusa, un barcone carico di migranti provenienti dal Corno d’Africa si incendiò. Morirono 368 persone, almeno altre 20 risultarono disperse: uomini, donne e bambini. Fu un incidente tra i più tragici nella storia delle migrazioni mediterranee.
Non possiamo dimenticare le immagini delle bare allineate nell’hangar dell’aeroporto e le lacrime di 141 sopravvissuti, tutti giovanissimi, che avevano visto il loro sogno trasformarsi in tragedia proprio a pochi passi dalla costa italiana e dalla loro salvezza. Come altre volte, quelle immagini lasciarono il segno e il governo decise di istituire il 3 ottobre come Giornata della memoria e dell’accoglienza.
Presentando il disegno di legge, il relatore, senatore Riccardo Mazzoni, disse: «La scelta del 3 ottobre nasce dall’esigenza di preservare nella memoria collettiva del paese il ricordo del naufragio avvenuto al largo di Lampedusa il 3 ottobre 2013. Quel tragico naufragio è stato uno degli episodi più gravi in termini di perdita di vite umane, ma purtroppo non è stata l’unica strage di migranti avvenuta nel canale di Sicilia: in questi anni oltre 20mila persone vi hanno già perso la vita (almeno 40mila nell’ultimo decennio, ndr). L’istituzione della Giornata della memoria e dell’accoglienza intende contribuire alla diffusione di un più forte senso di solidarietà civile, e del valore dell’accoglienza, affinché tragedie come quella di Lampedusa non si ripetano».
Passare dalle memorie ai fatti
Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope, in una intervista all’Avvenire ricorda con forza che una data non basta a cambiare la coscienza. La giornata della memoria della Shoah non ha estirpato la mala pianta dell’antisemitismo così come la legge del 2017 che istituiva la Giornata del ricordo delle vittime di mafia non ha debellato la criminalità organizzata.
Il senso di queste giornate, che se non altro hanno il merito di produrre una riflessione pubblica su temi decisivi della convivenza civile, è infatti messo a dura prova da due fattori distorsivi: la ripetitività e la retorica. Una giornata che si ripropone sempre uguale perde la sua efficacia interpretativa, come una ‘festa comandata’ che col tempo perde la sua capacità di provocare domande, emozioni, reazioni. L’altro fattore è quello della retorica che fa memoria dei morti di ieri ma dimentica i vivi di oggi. Ed è quanto rischia di accadere anche per il 3 ottobre di ogni anno.
Il papa non può tacere
Speranza, responsabilità, sensibilità e fratellanza sono le parole che spesso papa Francesco ha ripetuto, dall’inizio del suo magistero, parlando del dramma dei rifugiati e profughi. Anche da poco il papa ha detto: «Vi incoraggio e vi chiedo di incontrare Gesù nel povero, nello scartato, nel rifugiato. Non lasciamo che la paura ci impedisca di accogliere il prossimo bisognoso! La dignità della persona non dipende dal suo essere cittadino, migrante o rifugiato. Salvare la vita di chi scappa dalla guerra e dalla miseria è un atto di umanità, è un dovere cristiano».
Papa Francesco ha toccato con mano il dramma dei migranti. Ha ascoltato a Lampedusa i racconti di chi ha messo in gioco la propria vita per avere una porta aperta verso il futuro. Anche mesi fa, il 25 aprile, durante l’Angelus in piazza S. Pietro, ha alzato nuovamente la voce: «Vi confesso che sono molto addolorato per la tragedia che ancora una volta si è consumata nei giorni scorsi nel Mediterraneo: 130 migranti sono morti in mare. Sono persone, sono vite umane che per due giorni interi hanno implorato invano aiuto: un aiuto che non è arrivato».
Compagni di viaggio dei migranti
Papa Francesco ci ricorda che l’uomo è sempre stato un camminante, un migrante, un fuggente dalle guerre, dalla fame e dalla morte. Come succede ora. Nella Bibbia, luce e guida di Francesco, ci sono parole che chiedono di camminare con chi migra e fugge continuamente: “Il Dio grande e forte ama lo straniero dandogli pane e vestiti. Amate, dunque, lo straniero perché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto” (Deut. 10:17). “Avrete una stessa legge per il forestiero e per il nativo del paese” (Lev. 24:22). Il Papa è uomo di spiritualità biblica e non farà mai silenzio davanti alle tragedie umane di questi giorni.
Da poco ha ricordato che l’Europa è «la patria dei diritti umani e chiunque vi metta piede deve poterlo sperimentare». Ha anche aggiunto che in Italia, come in altri paesi, il principio dell’accoglienza è scolpito nella nostra legge fondamentale in modo chiaro: l’art.10 della Costituzione italiana dice che “lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
In questi giorni, davanti a nuove tragedie, il papa ha parlato con forza e coraggio: «Interroghiamoci tutti su queste ultime tragedie umane. È un momento di vergogna per tutti, particolarmente per i cristiani! Preghiamo per questi fratelli e sorelle, e per tanti che continuano a morire in questi drammatici viaggi. Preghiamo anche per coloro che possono aiutare, ma preferiscono guardare da un’altra parte. Non accetteremo mai che chi cerca speranza per mare muoia senza ricevere soccorso».