Le migrazioni non fanno più notizia. La pandemia le ha oscurate. Lo straniero, l’altro – come afferma il politologo Ilvo Diamanti, durante la presentazione del 9° rapporto di Carta di Roma, Notizie ai margini – oggi è il virus. «Uno straniero senza volto, che non arriva dal mare, ma che viene trasportato da noi. E incute paura». Non più la narrazione di moltitudini di genti che sbarcano (loro), ma moltitudini di genti che veicolano (noi).
I dati diffusi ieri dal rapporto raccontano di un calo di notizie significativo nel 2021: solo 660 gli articoli a tema migratorio pubblicati in prima pagina dai quotidiani. Un calo significativo, il 21% in meno, rispetto a un anno, il 2020, che già aveva registrato un declino del tema nell’intera agenda dei notiziari, dedicata in maniera massiccia all’emergenza causata dal Covid-19.
Con un solo, importante, distinguo: il quotidiano Avvenire, che tiene alta la bandiera non solo delle notizie in prima pagina (203), ma anche dei termini utilizzati per raccontare le migrazioni: non solo rifugiato, profugo, ma persona. Persona migrante.
Un modo di scrivere che, spiega Marco Tarquinio, direttore della testata, vuole essere «più che un’operazione di coraggio, un’operazione di resistenza umana, di resistenza civile»; perché, «nel momento in cui si cerca di spersonalizzare i migranti, i giornalisti devono sentire il dovere di opporsi, in modo pesante, a un fare diffuso, anche quando cala l’attenzione. È questo che consente alle persone di percepire ciò che da tempo non sembra più scontato: ci troviamo davanti all’umanità».
Non solo l’attenzione verso il tema, Tarquinio rivendica la scelta di svirgolettare le frasi odiose: «non posso da cronista non riportarle, ma posso non fare i titoli con quegli slogan, togliere il diritto di parola a chi deforma l’informazione sui migranti. Il fatto che qualcuno le dice non legittima a fare i titoli, a rilanciare. Vorrei che gli anni 20 di questo secolo fossero diversi da quelli del secolo scorso».
A seguire Avvenire, per le aperture in prima pagina, sono: La Stampa (123), Il Giornale (122) che registra il primato dei titoli allarmistici (34,5%), Repubblica (95), Il Fatto quotidiano (65) e il Corriere della sera (62). La prima parte del rapporto è infatti dedicata ai quotidiani italiani, in cui si registrano, tra gennaio e ottobre 2021, 4.101 titoli su 94 testate. Il numero più esiguo degli ultimi 9 anni. Un titolo ogni 13 persone salvate, racconta il ricercatore dell’Osservatorio di Pavia, Giuseppe Milazzo.
Si registra un picco di articoli a tema migratorio durante l’estate, in concomitanza con la presa di potere dei talebani in Afghanistan. Per il resto, l’agenda mediatica cartacea tocca il tema per parlare di flussi (58% degli articoli) e di accoglienza (22%), legata soprattutto però al caso Mimmo Lucano e al modello Riace.
Anche nei telegiornali televisivi di prima serata si assiste a un calo della notiziabilità del tema migratorio. Un calo del 24%, che vede anche i politici parlare meno di migrazione; un tema che entra in misura minore degli anni precedenti, anche durante il tempo delle campagne elettorali.
Con due dati che rimangono preoccupanti: il tema della criminalizzazione dei migranti cala nella stampa cartacea, mentre sale nella televisione; permane l’abitudine all’utilizzo di termini impropri per riferirsi alle persone migranti. Clandestino, ad esempio, continua a essere un termine ampiamente diffuso. Con un utilizzo più elevato in testate come Libero, La Verità, Il Giornale.
Altro dato che Notizie ai margini riporta come costante e non positivo è l’accesso ai media da parte delle persone migranti e rifugiate: in tv solo il 6%. «Spesso – racconta Milazzo – rimangono protagonisti senza voce. Si dibatte su di loro ma non insieme a loro. Nei casi in cui la percentuale di ospiti invitati è superiore, comunque non si ricorre alle competenze delle persone di origine straniera».
«Il fulcro delle notizie 2021 torna nell’alveo dell’Europa: Unione europea è la parola simbolo, quella più frequente – conclude il ricercatore dell’Osservatorio di Pavia –. Unione europea come luogo di approdo, transito o chiusura e simboleggiato da confini, frontiere e muri». Un’Europa che tiene ai margini, pur diventando notizia.