Chi sono gli investitori, gli imprenditori che stanno ricavando fior di quattrini dallo sfruttamento delle piantagioni di olio di palma nella Repubblica democratica del Congo? Recentemente l’Oakland Institute ha pubblicato un rapporto che mette in luce gli affari nelle aree di Lokuto, Yaligimba e Boteka. E di come questi “affari” stiano incidendo sulla vita delle comunità locali e vengano portati avanti in spregio al rispetto dei più elementari diritti umani.
Con una certa ironia il titolo del report è Meet the Investors Behind the Phc Oil Palm Plantations in RdC (Incontra gli investitori dietro le piantagioni di palma da olio in RdC), dove Phc sta per Piantagioni e Frantoi in Congo. Da tempo denunce e proteste stanno portando a galla le condizioni di vita e di trattamento delle comunità che vivono adiacenti alle piantagioni e che avendo perso da tempo le loro terre vivono del lavoro, mal remunerato, di braccianti.
Arresti, repressioni violente nei confronti dei lavoratori che provano l’arma dello sciopero, percosse e uccisioni extragiudiziali per mano della sicurezza privata e della polizia, non sono né una rarità né una novità. Anzi, le cose sono peggiorate con gli investimenti della Kuramo Capital Management (Kcm) che in pratica oggi esercita il monopolio sull’area. E che vede coinvolte Banche di sviluppo, come la Cdc group del Regno Unito.
Nelle quote di maggioranza della società fanno parte grossi investitori che hanno sede negli Stati Uniti – la Washington University di St. Louis, la Northwestern University, le Kamehameha School, l’Università del Michigan, ma anche il Government Employees Pension Fund (il fondo pensioni per gli impiegati governativi) del Sudafrica e il Royal County of Berkshire Pension Fund del Regno Unito e, soprattutto, la Bill & Melinda Gates Foundation. Eh si, dietro c’è proprio la Bill & Melinda Gates Foundation con le sue importanti sovvenzioni universitarie. Investitori di alto profilo, di cui si era già parlato in un precedente rapporto: “In King Leopold’s Steps”.
Oggi, Kcm è il proprietario di maggioranza della Plantations et Huileries du Congo (Phc), che gestisce le tre grandi piantagioni di olio di palma nella Repubblica democratica del Congo settentrionale. Si tratta delle più estese e antiche piantagioni di olio di palma del continente e hanno sede nella foresta pluviale del Bacino del Congo.
Ma nel tempo, questi luoghi di ricchezza naturale sono risultati una maledizione per la gente del posto. Nel rapporto si ricorda che non solo la polizia congolese ma le forze di sicurezza della Phc sono state ripetutamente accusate, nell’ultimo anno, di violenze contro gli abitanti dei villaggi locali. «Abbiamo documentato una lunga storia di abusi, ma quest’ultimo anno è stato davvero, davvero brutto e in realtà c’è stato un aumento della violenza e della repressione delle comunità locali», ha affermato Frédéric Mousseau, direttore politico dell’Oakland Institute.
È una lunga storia quella che riguarda queste piantagioni e ha a che fare con il periodo coloniale. Cominciò nel 1911 quando l’industriale britannico William Lever ricevette una concessione di terra dalle autorità coloniali belghe. Qualcuno doveva lavorarla questa terra e chi se non gli abitanti dei villaggi rurali che ci vivevano? Da abitanti e proprietari “naturali”, molti di loro furono costretti ai lavori forzati nelle piantagioni.
Nel 2009, la Unilever (fondata a suo tempo dall’industriale britannico) ha venduto la sua partecipazione nei 100mila ettari alla società canadese Feronia, che per finanziare l’impresa ha ricevuto 150 milioni di dollari dalle banche di sviluppo europee. E già nel 2015 si parlava di sfruttamento di quelle piantagioni e agro-colonialismo.
Poi, dopo un decennio di profonde perdite causate in parte dal crollo del prezzo dell’olio di palma, Feronia ha dichiarato bancarotta. Con l’assistenza delle banche, nel 2019 la maggior parte della proprietà di Phr è stata venduta a un prezzo di favore alla Kcm, guidata e fondata da Walé Adeosun, un tempo membro dell’Advisory Council on Doing Business in Africa.
Insomma decisioni ed affari gestiti ai piani alti passando sulla testa dei contadini e degli abitanti del posto, circondati da piantagioni lucrose ma da cui non ricevono alcun beneficio. Anzi. Qualunque accenno di protesta viene schiacciato con “brutalità” per usare lo stesso termine di chi ha firmato il report. Senza contare i danni ambientali che uno sfruttamento massivo del territorio sta provocando.
Secondo un’indagine del Centro Pulitzer e di El Pais di qualche mese fa, da anni vengono scaricate nell’area sostanze chimiche tossiche, ma risulta anche difficile puntare il dito contro qualcuno, vista l’opacità delle istituzioni finanziarie che stanno sovvenzionando lo sfruttamento delle zone. E nel 2019 Human Rights Watch (Hrw), denunciava quattro banche europee di sviluppo per pratiche abusive nelle piantagioni di olio di palma nella RdC. Si tratta di Bio (Belgio); del Gruppo Cdc (Regno Unito); di Deg (Germania); e Fmo (Paesi Bassi), e sono tra le dieci maggiori istituzioni finanziarie di sviluppo bilaterale che controllano miliardi di dollari di investimenti in oltre 2mila progetti nei paesi in via di sviluppo.
Dal 2013 – scriveva l’organizzazione per i diritti umani – le quattro banche hanno investito un totale di quasi 100 milioni di dollari nella compagnia di olio di palma Feronia e nella sua controllata Plantations et Huileries du Congo. Le tre piantagioni impiegano un totale di quasi 10mila lavoratori, ma Hrw nel suo rapporto denunciava anche le condizioni abusive e rischiose di lavoro e il fatto che i salari sono molto inferiori al dovuto. Ci sono operai che vengono pagati meno di 1.90 dollari al giorno. Condizioni che lasciano i lavoratori e le loro famiglie sotto la soglia di povertà. Mentre i grandi si arricchiscono.