“L’economia è vita”. Questo è il motto scelto per il nuovo partito, Rivoluzione per la prosperità (RfP), dal suo fondatore Sam Matekane, milionario uomo d’affari e filantropo del Lesotho, piccola e instabile monarchia parlamentare, enclave del Sudafrica, abitata da 2.2 milioni di persone.
«Siamo convinti – ha dichiarato il magnate – che la maggiore responsabilità che abbiamo come popolo basotho è di favorire la nostra crescita economica. Nessuno può negare che il nostro paese si sta avvicinando ad un abisso che ne decreterà la distruzione. Se non entriamo in azione quanto prima, il Leshoto sarà dichiarato uno stato fallito. Parlare di rivoluzione significa operare nella storia del nostro paese una svolta radicale».
Il 64enne Matekane – insignito lo scorso anno del premio Forbes “Best of Africa” come imprenditore leader – afferma che fino ad ora non aveva mai pensato di darsi alla politica, ma che ha tuttavia concluso che se oggi non lo facesse, il suo successo nell’imprenditoria sarebbe assimilabile a «…un marinaio che pulisce l’interno di una barca che sta affondando».
Benché raramente appaia sulle cronache, il Lesotho rientra nella lista dei paesi “problematici” della Sadc (Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale) e dell’Ua (Unione africana), a causa di una perdurante instabilità interna che ha provocato tra l’altro l’uccisione di due comandanti dell’esercito nel 2015 e nel 2017.
La monarchia parlamentare del Lesotho, su cui regna Letsie III, non ha un partito maggioritario dal 2012. Per dieci anni è stata governata da coalizioni litigiose assai diverse tra loro, elette nel 2012, 2015 e 2017. Le prime due hanno fallito prima di completare i cinque anni di governo previsti dalla Costituzione, la terza è finora sopravvissuta a stento con un governo di coalizione dominato dal partito All Bashoto Convention (Abc), tra i cui leader tuttavia si creano continue situazioni di conflitto.
Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa era stato nominato nel 2015 presidente della Sadc con il compito, tra gli altri, di promuovere la riforma costituzionale finalizzata a riportare stabilità nella monarchia. Allo stesso scopo Ramaphosa ha designato come suo rappresentante nel monitoraggio sul Lesotho l’ex presidente della Corte suprema Dikgang Moseneke. Finora senza apprezzabili risultati.
Matekane, dal canto suo, ha inserito tra i suoi più ragguardevoli collaboratori Ret’selisitsoe Matlanyane, già governatore della banca centrale, e Theming Manara, egli pure ex presidente della Corte suprema.
Dovesse diventare primo ministro, il magnate dovrà dimostrare ai bashoto che i suoi affari – spesso foraggiati da appalti a lui concessi dal governo e dalle compagnie da esso gestite in campo di sviluppo civile, minerario, fondiario, nel trasporto aereo e nell’agricoltura -, non trarranno benefici a scapito della popolazione, che vive in uno dei più poveri paesi dell’Africa australe.
Nelle sue prime dichiarazioni, peraltro, Matekane ha chiarito che un principio di fondo del suo partito sarà l’acquisizione di appalti in base al merito, non alla condizione sociale o economica. Tra l’altro, il fondatore del RfP è tra i maggiori azionisti della più grande miniera di diamanti del paese, la Let’seng, per il 30% di proprietà governativa, che ospita nelle sue proprietà la sede della Commissione elettorale indipendente.
Ma di eventuali conflitti di interesse nel paese nessuno parla.
Matekane ha inoltre negato che la recente donazione di nuove uniformi all’esercito e alla polizia, fatta dalla fondazione che porta il suo nome, fosse finalizzata ad accattivarsi il favore delle forze di sicurezza e a spianargli la strada della carriera politica. Al contrario, il candidato premier ha insistito che, se eletto, promuoverà buon governo, rispetto della legge e creazione di uguali opportunità per tutti i bashoto.
In ogni caso, grandi folle di persone hanno assistito al lancio del suo partito riunendosi presso il grande hotel di sua proprietà nella capitale Maseru. Migliaia di suoi sostenitori esprimono sui social media la convinzione che Matekane raccoglierà voti sufficienti a permettergli di formare un governo monocolore, mentre qualche analista politico fa notare che se da un lato è vero che il paese ha urgente bisogno di una decisa svolta politica, sarà necessario per Matekane lanciare una campagna di sensibilizzazione a tutto campo, se vorrà assicurarsi la vittoria.
I votanti, infatti, non sono soltanto gli abitanti di Maseru o chi segue i social media che lo appoggiano, la campagna di propaganda dovrà invece estendersi quanto prima all’intero paese, prima della competizione elettorale fissata tra settembre e ottobre.
Ad ogni modo i funzionari di Matekane, completato il processo di registrazione con la Commissione elettorale, hanno dichiarato che faranno una grande campagna e presenteranno candidati in tutti gli 80 collegi elettorali sparsi nel paese. E d’altronde, di sicuro quello che non manca loro sono i mezzi economici e gli agganci istituzionali.