Se il governo della Rd Congo deciderà di affidare a compagnie petrolifere straniere il progetto di sfruttamento nella Cuvette centrale – un ecosistema forestale al centro del paese – ci saranno conseguenze catastrofiche per le comunità, per la biodiversità e per il clima mondiale. Lo denuncia la sezione Africa di Greenpeace che ricorda che durante la recente Cop26, la conferenza Onu sul clima che si è tenuta a Glasgow, i paesi donatori hanno promesso 500 milioni di dollari per proteggere la foresta tropicale congolese.
«Scegliere il petrolio piuttosto che le foreste tropicali e i diritti dell’uomo è un errore storico che va immediatamente corretto» ha sottolineato Irène Wabiwa Betoko, responsabile di Greenpeace del progetto internazionale per la foresta del bacino del Congo.
Ma il governo di Kinshasa, durante il consiglio dei ministri dell’8 aprile, ha deciso che va aumentata la produzione nazionale di petrolio (oggi a 25mila barili al giorno) con l’apertura di 16 nuovi giacimenti, per migliorare i conti pubblici.
Da segnalare, sempre restando in ambito petrolifero, che dal 13 aprile scorso il ministro degli idrocarburi, Didier Budimbu, è detenuto e sorvegliato a vista nei locali dell’agenzia nazionale dei servizi di sicurezza. Non è raggiungibile telefonicamente e nessuno dei suoi famigliari ha potuto avvicinarlo. Le ragioni del suo arresto non sono state comunicate, ma potrebbe trattarsi di appropriazione indebita di denaro pubblico.