Greenpeace ha annunciato il 5 maggio di aver chiesto alla giustizia congolese di indagare sulle accuse di assegnazione illegale di concessioni forestali tra il 2014 e il 2020 da parte di sei ex ministri dell’ambiente della Repubblica democratica del Congo.
«Alla luce dei fatti estremamente gravi che sono esposti nel rapporto dell’Ispettorato generale delle finanze (IGF), abbiamo chiesto al pubblico ministero presso la Corte di cassazione di aprire un’indagine giudiziaria», ha detto all’Afp Irène Wabiwa, responsabile della campagna per la foresta del bacino del Congo per Greenpeace Africa.
L’ong intende «ottenere la revoca delle immunità di chi è in Parlamento», «stabilire le responsabilità di tutti coloro che sono coinvolti in queste assegnazioni illegali di concessioni forestali» e «punire i colpevoli», ha aggiunto Wabiwa.
Gli ex ministri coinvolti
Greenpeace Africa e altre cinque organizzazioni hanno fatto anche i nomi degli ex ministri coinvolti: Robert Bopolo, Bienvenu Liyota, Athys Kabongo, Franck Mwedi Malila, Amy Ambatobe e Claude Nyamugabo che si sono succeduti alla guida del ministero dell’ambiente dal 2014 al 2020.
Questi sei ex ministri sono accusati di aver rilasciato concessioni forestali in violazione delle leggi congolesi e della moratoria sulla concessione di nuove concessioni in vigore dal 2002.
A ottobre 2021, prima della COP26 di Glasgow, il presidente congolese Felix Tshisekedi aveva dichiarato di aver ha ricevuto «diverse denunce di irregolarità» per il rilascio delle concessioni forestali e aveva disposto la sospensione degli appalti sospetti.
Nella sua relazione, l’IGF accusa i sei ex ministri di non aver indetto bandi di gara, ricorrendo alla procedura di aggiudicazione diretta degli appalti contestati.
A fine aprile, il ministro dell’ambiente congolese, Ève Bazaïba, ha sospeso 12 contratti forestali illegali individuati nel rapporto IGF. A dicembre 2021 aveva già sospeso sei contratti considerati illegalmente concessi.
Basta impunità
«È ora che l’impunità smetta di essere la norma, in modo che i responsabili di tutti questi crimini rispondano delle loro azioni davanti ai tribunali», ha insistito Wabiwa. L’Rd Congo ospita la seconda foresta tropicale più grande del mondo dopo il Brasile. Foresta che rappresenta un importante serbatoio di carbonio e una biodiversità di importanza mondiale.
La Repubblica democratica del Congo è solo uno dei paesi in cui opera Greenpeace Africa. Qui si batte per proteggere la foresta del bacino del Congo, resistendo all’espansione del taglio industriale e di altri sfruttamenti industriali insostenibili della preziosa foresta e degli ecosistemi.
Il premio all’attivista camerunese
Ma Greenpeace è solo una delle organizzazioni che si batte a tutela delle foreste africane. Ieri, a Seul, in Corea del Sud, è stato consegnato all’attivista camerunese Cécile Ndjebet, il premio Wangari Maathai “Campioni per la causa delle foreste” 2022 per il suo eccezionale contributo alla conservazione delle foreste e al miglioramento della vita delle persone che da esse dipendono.
«Questo premio riconosce a Cécile Ndjebet la sua energia e il suo impegno trentennale a favore della promozione della terra e dei diritti forestali delle donne», ha dichiarato la vice direttrice della Fao, Maria Helena Semedo.
«Come attivista, ha dimostrato che la partecipazione delle donne alla governance e alla conservazione delle foreste è fondamentale per ottenere una gestione sostenibile delle foreste», ha aggiunto.
Pari diritti fondiari
In Camerun, quasi il 70% delle donne vive in zone rurali e dipende, almeno in parte, per il proprio sostentamento dalla raccolta dei prodotti forestali selvatici.
Tuttavia, in alcune comunità, viene loro negato il diritto di possedere terreni forestali, di ereditarli alla morte del marito o persino di piantare alberi su terreni degradati.
Secondo la Fao, Ndjebet ha lavorato «instancabilmente per promuovere l’idea che le donne dovrebbero partecipare alla gestione delle foreste e godere di uguali diritti alla terra e alle risorse». Quando succede, le foreste sono meglio preservate e intere comunità ne traggono vantaggio.
La premiata ha cofondato l’ African Women’s Network for Community Forest Management, nel 2009, ed è diventata una figura di spicco in Camerun, e a livello internazionale, per il riconoscimento globale dell’importanza dell’uguaglianza di genere nella gestione forestale. Attualmente, l’organizzazione conta 20 paesi membri in tutta l’Africa.
«In generale, gli uomini riconoscono l’importante ruolo delle donne nel migliorare la qualità della vita delle famiglie», spiega Cecile Ndjebet. «Ma devono anche accettare che per continuare a svolgere questo ruolo, o addirittura migliorarlo, le donne devono poter avere diritti garantiti sulla terra e sulle foreste».
Ndjebet è stata per molti anni una forza trainante per l’attuazione della legislazione forestale e del buon governo in Camerun, nonché per lo sviluppo di un nuovo approccio alla silvicoltura comunitaria e al ripristino di terre e foreste attraverso l’ecologia del Camerun (Cam-Eco), un’associazione che ha fondato nel 2001.
Cam-Eco ha lavorato per informare, formare e aiutare le donne a comprendere i problemi di sostenibilità e ad essere coinvolte nella conservazione e nel ripristino delle foreste.
L’ispirazione di Wangari Maathai
Il premio “Campioni della causa delle foreste” è stato istituito nel 2012 in memoria dell’ambientalista kenyana e premio Nobel per la pace, Wangari Maathai. Riconosce le persone che si sono impegnate per la conservazione, il ripristino e la gestione sostenibile delle foreste.
Cécile Ndjebet aveva incontrato Wangari Maathai nel 2009, ed era stata incoraggiata personalmente a continuare la sua azione per i diritti delle donne a piantare alberi.
Il partenariato collaborativo sulle foreste comprende 15 organizzazioni internazionali che lavorano insieme per promuovere la gestione sostenibile di tutti i tipi di foreste e, a tal fine, rafforzare l’impegno politico a lungo termine.