È stato un fine settimana di sangue in molte aree africane. Attacchi jihadisti e di bande criminali in Egitto, Burkina Faso, Rd Congo e Nigeria hanno prodotto oltre un centinaio di morti.
Con il mondo distratto in Ucraìna, sembrano passare in secondo piano le violenze che scoppiano nel continente africano.
Vediamo nel dettaglio che cosa è successo nel weekend.
Il ritorno dell’Is in Egitto
Il gruppo Stato islamico (Is) ha rivendicato ieri sera, tramite il suo organo di propaganda Amaq, la responsabilità dell’attacco che il giorno prima aveva provocato undici morti e cinque feriti tra le file dell’esercito egiziano nel Sinai.
Questo bilancio è tra i più alti registrati dalle forze egiziane. L’attacco è avvenuto a una stazione militare di pompaggio dell’acqua nella penisola desertica, dove sono diffuse cellule islamiste radicali, alcune delle quali hanno giurato fedeltà all’Is.
Subito è scattata la condanna internazionale dell’atto terroristico e la solidarietà al regime de Il Cairo dall’Unione africana, da Parigi, da Washington e da Khartoum.
Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha ribadito che «non calerà la determinazione del paese e del suo esercito a tagliare alla radice il terrorismo malvagio».
L’attentato è stato compiuto da terroristi “takfiri” (termine con cui vengono definiti gli estremisti islamici). Secondo quanto riferito dal portavoce militare egiziano, Gharib Abdel Hafez, «le Forze armate stanno dando la caccia agli attentatori e li stanno circondando in una delle aree isolate del Sinai».
In questa regione è attivo il gruppo terroristico Wilayat Sinai, precedentemente noto come Ansar Beit al-Maqdis, che ha cambiato nome in Stato del Sinai dopo aver giurato fedeltà al sedicente “califfato” nel novembre del 2014.
L’esercito e la polizia hanno lanciato nel febbraio 2018 una vasta operazione “antiterroristica” nell’area, ma anche nel deserto occidentale, tra la valle del Nilo e il confine con la Libia. Nel Sinai, gli attacchi sono particolarmente concentrati su un punto: gli oleodotti e i gasdotti che riforniscono Israele e la Giordania.
L’esercito annuncia regolarmente di aver ucciso jihadisti in questa zona. In tutto, secondo i dati ufficiali, sarebbero stati assassinati più di mille jihadisti e decine di membri delle forze di sicurezza. Ma non è disponibile alcun rapporto indipendente e il nord Sinai è off limits per i giornalisti.
L’ultimo grande attentato al Cairo risale al maggio 2020, quando un attacco ha preso di mira le piramidi di Giza nel sudovest della capitale, ferendone 17 un mese prima che l’Egitto ospitasse la Coppa d’Africa.
L’agguato nel Sahel
Almeno dodici persone – dieci ausiliari dell’esercito e due civili – sono state uccise sabato in un’imboscata di sospetti jihadisti nel nord del Burkina Faso.
Sabato mattina, un convoglio alimentare scortato dai Volontari per la difesa della patria (Vdp) è stato l’obiettivo di un’imboscata sulla strada Dori-Gorgadji, durante la quale «12 persone sono state uccise», hanno riferito fonti della sicurezza. Venerdì, altri tre Vdp sono morti in un altro attacco a Retkoulga, nella provincia di Namentenga, sempre nel nord del paese.
Questi ausiliari civili dell’esercito, poco addestrati e male armati, stanno pagando un prezzo pesante nella lotta anti-jihadista in Burkina Faso. «Sabato sera, un altro volontario è stato ferito in un attacco alla prigione di Nouna, capitale della provincia di Kossi nel nordovest del paese», ha detto un funzionario locale all’Afp. «Diverse decine di prigionieri sono stati rilasciati in seguito all’attacco alla prigione e diversi uffici sono stati saccheggiati e veicoli dati alle fiamme dagli assalitori».
Il Burkina Faso, in particolare il nord e l’est, è il bersaglio di attacchi jihadisti dal 2015 da parte di gruppi armati, alcuni dei quali affiliati ad al-Qaida e al gruppo Stato Islamico. Gruppi che hanno ucciso più di 2mila persone e provocato lo sfollamento di 1,8 milioni di cittadini.
Giovedì 5 maggio, undici persone – sette soldati e quattro VIP – sono state uccise in due imboscate di “terroristi” nelle regioni del nord e del centronord, secondo lo stato maggiore del paese.
Il nuovo uomo forte del Burkina, il tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, che ha rovesciato il presidente eletto Roch Marc Christian Kaboré il 24 gennaio, accusato di non combattere adeguatamente la violenza jihadista, ha fatto della questione della sicurezza la sua “priorità”. Proclami cui, però, non fanno seguito obiettivi raggiunti.
L’agguato in una miniera dell’Ituri
Almeno 35 persone sono state uccise e 9 sono in gravi condizioni dopo l’agguato di ieri dei ribelli del gruppo armato “Cooperativa per lo sviluppo del Congo” (Codeco) che hanno attaccato una miniera d’oro artigianale in Ituri, nel nordest della Repubblica democratica del Congo.
«Un bilancio provvisorio poiché ci sono altri civili uccisi i cui corpi sono stati gettati nelle fosse d’oro e molti altri civili sono dispersi. La ricerca continua», ha detto all’Afp Jean-Pierre Bikilisende, sindaco del comune rurale di Mungwalu nel territorio Ituri di Djugu.
La miniera si trova nella foresta, lontano dalla posizione militare più vicina. Per questo l’intervento dell’esercito è stato un po’ tardivo. «Ci sono anche diversi feriti, accolti all’ospedale generale di Mungwalu», ha detto Cherubin Kukundila, uno dei leader della società civile di Mungwalu. A suo avviso sarebbero almeno 50 le persone uccise.
La miniera d’oro artigianale, conosciuta come “Camp Blanquette”, si trova nella foresta a più di 7 km dalla città di Mungwalu nel territorio di Djugu (Ituri), la roccaforte del gruppo armato Codeco.
Si tratta di una milizia che sostiene di difendere i membri della comunità Lendu contro la comunità rivale Hema e contro le forze di sicurezza. È considerato uno dei gruppi più feroci del Congo orientale. Oltre ai civili e ai soldati, i miliziani del Codeco attaccano anche gli sfollati e gli operatori umanitari.
Ituri e la vicina provincia del Nord Kivu sono sotto lo stato d’assedio dal 6 maggio 2021, una misura che ha dato pieni poteri agli ufficiali dell’esercito e della polizia per gestire l’amministrazione e fare la guerra contro gli oltre cento gruppi armati che hanno afflitto il Congo orientale per oltre un quarto di secolo. Dopo un anno di assedio, le autorità non sono riuscite a fermare i massacri di civili.
Guerra per bande in Nigeria, 48 vittime
Almeno 48 le persone uccise venerdì in attacchi di uomini armati in tre villaggi (Damri, Sabon Garin e Kalahe) nello stato nigeriano nordoccidentale di Zamfara.
Si tratta di bande criminali che stanno terrorizzando da anni la Nigeria centrale e nordoccidentale, saccheggiando, rapendo e uccidendo i residenti.
Il villaggio di Damri è stato il più colpito: i banditi hanno ucciso 32 persone, compresi due poliziotti. Hanno attaccato un ospedale, dove hanno sparato ai pazienti in cura e hanno bruciato un veicolo della polizia, uccidendo due membri della sicurezza. L’esercito, che è stato poi schierato nella zona, è riuscito a far scappare gli aggressori.
Sulla scia delle violenze, il presidente nigeriano Muhammadu Buhari, che è stato criticato per la sua incapacità di arginare la violenza, ha invitato le forze di sicurezza a «fare tutto il possibile per porre fine immediatamente a questi orribili massacri» nel paese. «La popolazione rurale di Zamfara e altrove deve avere il diritto alla pace», ha detto in una dichiarazione.
Nonostante le operazioni militari e le amnistie concesse dalle autorità, gli attacchi stanno aumentando nel nordovest e nel centro del paese più popoloso dell’Africa. Solo negli ultimi due mesi, le bande hanno fatto saltare in aria e sparato a un treno della capitale Abuja, rapendo decine di passeggeri, hanno sparato a più di cento abitanti dei villaggi e massacrato una dozzina di membri di gruppi di autodifesa.
E all’inizio di gennaio, più di 200 abitanti sono stati uccisi nello stato di Zamfara. Secondo l’ong Acled, i banditi hanno ucciso più di 2.600 civili nel 2021, un aumento del 250% rispetto al 2020.
Designati come “terroristi” dalle autorità, i banditi operano nascosti nei campi in una vasta foresta a cavallo degli stati di Zamfara, Katsina, Kaduna e Niger.