Sale, in tutto il mondo, il numero dei condannati a morte. E anche di quelli la cui condanna è già stata eseguita. Del 40% nel primo caso e del 20% nel secondo. Sono i dati che emergono dal nuovo rapporto pubblicato da Amnesty International e che riguardano il 2021.
In questo computo, di quello che viene spesso definito “omicidio di stato”, rientrano anche molti paesi africani. L’Egitto innanzitutto, dove nonostante le esecuzioni siano diminuite del 22% rispetto all’anno precedente, almeno 83 persone sono state mandate a morte lo scorso anno.
Il numero più alto, anche se “minimo” al confronto con i primi due paesi della macabra lista: Cina (1.000 esecuzioni) e Iran (314). Inoltre solo tre paesi, Iran, Egitto e Arabia Saudita (65) contano l’80% delle esecuzioni. Quelle, almeno, di cui si ha certezza.
Ma soffermiamoci, appunto, sul continente africano. Sono 4 i paesi dove nel 2021 è stata applicata la pena di morte: dopo l’Egitto, la Somalia (21 casi), Sud Sudan (9) e Botswana (3). A fronte delle sentenze eseguite, molto più numerose sono le condanne. Condanne a morte spesso inflitte in paesi che però da tempo non le applicano, pur non avendo cancellato tale pena dal codice penale. Lasciando così nella paura costante e in un limbo senza tempo chi vi è stato condannato.
Ecco perché Amnesty considera “una pietra miliare” il voto unanime, lo scorso luglio, del parlamento della Sierra Leone su una legge che dovrebbe abolire definitivamente la pena capitale. Una buona notizia per quelle 23 persone che attendono in carcere la loro sorte.
Ma, oltre che in Sierra Leone, sono tanti i “nuovi” condannati nel braccio della morte. Algeria (9), ancora Botswana (6), Camerun (4), Repubblica democratica del Congo (81 tra cui una donna), Egitto, anche in questo caso il numero più alto (356), Gambia (3), Ghana (7), Kenya (14), Malawi (11), Mali (48), Mauritania (60), Marocco / Sahara Occidentale (1), Nigeria (56), Somalia (27), Sud Sudan (10), Sudan (7), Tunisia (3), Uganda (2), Zambia (9), Zimbabwe (1).
Vite sospese
Queste cifre riguardano solo le condanne del 2021 che quindi si vanno ad aggiungere a coloro che sono in carcere – in attesa, forse, dell’esecuzione – ormai da molti anni. Il numero più spaventoso in Nigeria, 3.306 persone su cui pende la condanna capitale.
Può capitare, certo, che questa venga commutata in una pena più lieve, o addirittura nel rilascio. Ma il più delle volte il rischio è che questi detenuti non vengano uccisi ma dimenticati nelle carceri. Così come spesso può capitare che confessioni – importanti per emettere il verdetto – vengano estorte con la tortura. Commercio di droga, stupro, tradimento o ribellione nei confronti dello stato, atti contro la sicurezza nazionale, terrorismo, ma anche critiche nei confronti dei leader e delle politiche dei governi, sono tra i principali motivi di una sentenza così estrema.
Ma veniamo a qualche caso specifico. Alcuni dei quali fanno capire quanto a volte le sentenze vengano emesse a seguito di processi non sempre regolari. Il tribunale penale di Dar El Beida ad Algeri, per esempio, ha condannato a morte otto uomini, sette dei quali in contumacia, dopo averli condannati per rapimento, tortura e decapitazione di una guida turistica francese, fatto avvenuto nel 2014. Il processo è durato solo un giorno, sollevando serie preoccupazioni di procedimenti iniqui.
Sebbene il paese sia classificato da Amnesty International come abolizionista in pratica, ha continuato a detenere almeno 1.000 persone condannate a morte. E questo vale per molti altri paesi.
Egitto tra i peggiori
L’Egitto, dicevamo, è rimasto uno dei principali carnefici del mondo. Almeno otto dei giustiziati nel 2021 erano donne. Alcuni sono stati giustiziati in segreto, con familiari tenuti all’oscuro delle fasi giudiziarie e a cui è stata negata l’ultima visita prima dell’esecuzione della condanna, in violazione anche alla stessa legge egiziana.
Inoltre, almeno 356 persone sono state condannate a morte dai tribunali egiziani nel 2021, un aumento del 34% rispetto alla cifra riportata da Amnesty International nel 2020 (almeno 264) e che rappresenta il numero più alto di condanne a morte che Amnesty International è stata in grado di registrare a livello mondiale nel 2021.
Il 25 ottobre dello scorso anno, il presidente Abdel Fattah al-Sisi annunciava che non avrebbe prorogato lo stato di emergenza dichiarato nel 2017 ma questo non ha fermato i processi già in corso.
Donne, doppiamente vittime
In Tunisia 28 organizzazioni, tra cui la Coalizione tunisina contro la pena di morte (Ctcpm), hanno richiamato l’attenzione sull’impatto sproporzionato della pena di morte sulle donne. Rappresentano il 6% dei condannati a morte nel paese e i loro crimini sono, nella maggior parte dei casi, atti di autodifesa da abusi domestici e violenze sessuali. Donne i cui diritti vengono negati anche dallo stato, considerato che spesso i loro processi risultano iniqui.
Nell’Africa subsahariana il numero delle esecuzioni è più che raddoppiato (da 16 nel 2020 a 33 nel 2021) a causa dell’aumento in due paesi in particolare, Somalia e Sud Sudan, mentre la stragrande maggioranza dei paesi della regione, che non hanno ancora abolito la pena di morte, non hanno comunque dato seguito alle condanne.
Anche il numero complessivo di condanne a morte registrate nel 2021 (373) è notevolmente superiore rispetto a quello del 2020, dove si attestava a 305, con un aumento del 22%.
Un notevole aumento delle condanne a morte si è registrato nella Repubblica democratica del Congo, dove sono più che quadruplicate, da 20 nel 2020 a 81 nel 2021. Sono diminuite del 41%, invece, in Sierra Leone, da 39 nel 2020 a 23 nel 2021.
In molti paesi molti dei condannati sono stati, come accennavamo, graziati e rimandati a casa. È accaduto, in particolare nella Rd Congo – nonostante in questo paese, come abbiamo visto, sia anche aumentato il numero delle condanne – in Zambia, in Nigeria, dove ancora si trova sotto minaccia di morte il 52% delle 5.843 persone in attesa di sentenza nelle carceri dell’Africa subsahariana.
Verso l’abolizione
Ma passi positivi verso l’abolizione della pena di morte sono stati compiuti in diversi paesi. In Sierra Leone, dicevamo, ma anche in Ghana, dove è in discussione un disegno di legge che propone l’abolizione della pena di morte dal Criminal and Other Offenses Act. Nella Repubblica Centrafricana, intanto, una commissione parlamentare ha concluso l’esame di un disegno di legge per l’abolizione totale della pena capitale.
In ogni caso, comunque, le situazioni più complesse – dove esiste anche la difficoltà di raccogliere dati certi – riguardano i paesi in conflitto o che stanno vivendo da anni una forte instabilità. Tra questi il Camerun, dove è in corso una guerra civile, ma anche l’Etiopia, con la questione del Tigray, e i paesi del Sahel.