Il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune conclude oggi una visita di stato di 2 giorni in Italia. Occasione per stipulare nuovi contratti per fornitura di gas e di elettricità. E per rinsaldare un rapporto che per Roma è diventato strategico dopo la crisi russo-ucraìna.
Ma la visita è stata l’occasione per Human rights watch (Hrw) per denunciare le pratiche repressive delle autorità algerine contro gli oppositori politici all’estero. Pratiche che raccolgono poca attenzione a livello internazionale a differenza di altri casi come quello del giornalista Jamal Khashoggi, ucciso da emissari di Riyad nel consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul.
In una nota, Hrw ha affermato che gli attivisti algerini all’estero, che si battono contro il governo, vivono nel terrore dopo alcuni episodi che sembrano «completare gli sforzi che l’esecutivo di Algeri compie da ormai tre anni in patria per reprimere il movimento di protesta pacifica noto come “Hirak”.
Il caso Benhalima
Il 24 marzo, scrive l’ong, la Spagna ha emesso un ordine di espulsione contro l’ex caporale dell’esercito Mohamed Benhalima. E lo ha rimpatriato in aereo in Algeria lo stesso giorno in cui governo nordafricano aveva emesso nei suoi confronti un mandato d’arresto internazionale.
Benhalima aveva raccontato di essere fuggito in Spagna nel 2019 – anno in cui sono cominciate le proteste contro il governo Bouteflika – temendo rappresaglie e dopo aver partecipato alle proteste di strada di “Hirak”. In Europa, Benhalima ha mantenuto un canale YouTube per denunciare i funzionari militari.
La Spagna ha respinto due volte la domanda di asilo di Benhalima e lo ha rimandato in patria, nonostante l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) avesse esortato Madrid a tenere conto del rischio credibile di tortura e di criminalizzazione che avrebbe subìto l’ex militare. Infatti, Hrw ha successivamente confermato che le autorità algerine hanno prontamente incarcerato Benhalima e lo hanno processato per aver pubblicato «informazioni false» che danneggiano «l’integrità territoriale». Le classiche accuse utilizzate dalle «autorità per imprigionare molte delle centinaia di attivisti di “Hirak” attualmente o precedentemente detenuti»
Ma la situazione dei diritti umani nel paese nordafricano non pare preoccupare alcuna istituzione del Belpaese. Governo e presidente della Repubblica italiani hanno accolto Tebboune con tappeti rossi stesi ovunque.
La firma degli accordi economici prevale su qualsiasi tipo di denuncia di violazione dei diritti umani praticata in quel paese. E non solo.
Tre miliardi di metri cubi di gas all’anno
«Grazie all’Italia saremo in grado di fornire elettricità all’Europa», la ricompensa di Tebboune a quel chiudere occhi e bocca delle nostre istituzioni.
E le imprese che fanno la politica estera nei rispettivi paesi, Eni e Sonatrach, si sono impegnate ad aumentare lo sviluppo dei giacimenti di gas in Algeria. Grazie al gasdotto Transmed, Algeri dovrebbe essere in grado di esportare in Italia ulteriori 3 miliardi di m³ di gas all’anno. Un passaggio ritenuto essenziale per Roma per ridurre la propria dipendenza dal gas russo.
Anche se in molti dubitano sulle attuali potenzialità algerine. Nel 2021 il paese nordafricano aveva già esportato in Italia poco più di 21 miliardi di m³ di gas (27,8% sul totale), con un salto del 76% rispetto al 2020, quando l’Italia ha importato poco più di 12 miliardi di m ³ dall’Algeria.
Dalla Russia, per un rapido confronto, nel 2021 sono arrivati 29 miliardi e spiccioli di m ³ (38,2%). Quindi, se Mosca dovesse chiudere i rubinetti, Algeri riuscirebbe a coprire solo in minima parte il gas mancante.
Ma come è possibile che l’Algeria, dipinta come un paese ricco di giacimenti, non possa aumentare sensibilmente e in tempi brevi la sua produzione? Per una ragione banale: quel gas serve a uso domestico. Stando all’inchiesta del sito specializzato algerino Algérie Part, oltre il 60% del gas naturale prodotto dal paese è destinato esclusivamente ai vari bisogni nazionali. E con la crisi economica che attanaglia il paese, è una percentuale destinata a crescere.
Senza nuove significative scoperte e senza nuovi progetti di produzione su larga scala, si apre per l’Algeria un orizzonte ristretto.
E in effetti Eni e Sonatrach hanno annunciato nuovi progetti. Ma che dovrebbero riguardare la decarbonizzazione.
Le due società hanno in programma lo sviluppo di un progetto pilota per la produzione di “idrogeno verde” sul sito di un pozzo petrolifero su cui cooperano nel deserto dell’Algeria meridionale.