Trent’anni… È questo il tempo che ci è voluto per completare una delle clausole fondamentali degli Accordi generali di pace di Roma, firmati nel 1992 dall’allora presidente del Mozambico e leader del Frelimo (Fronte di liberazione del Mozambico), Joaquim Chissano, e dal leader della Renamo (Resistenza nazionale mozambicana), Afonso Dhlakama, con la decisiva mediazione del governo italiano e della Comunità di Sant’Egidio.
La clausola in questione si riferiva al processo di Ddr (disarmo, smobilitazione, reintegrazione) che avrebbe dovuto coinvolgere tutti gli effettivi dell’esercito della Renamo. I quali avrebbero dovuto essere, in parte integrati nell’esercito nazionale unificato e nella polizia (ma non nei servizi segreti, il Sise, che il Frelimo ha sempre tenuto sotto il suo stretto controllo), in parte mandati in pensione, in parte reintegrati nella società, con alcuni benefici economici immediati.
Dhlakama aveva avviato un negoziato con il presidente Filipe Nyusi, ma al momento della sua morte, il 3 maggio del 2018, la situazione interna alla Renamo si complicò. Ossufo Momade, l’attuale presidente del partito, infatti, accelerò il processo di Ddr, secondo alcuni in modo eccessivamente favorevole al Frelimo, senza cioè tutelare il personale della Renamo coinvolto nell’operazione.
La risposta della dissidenza interna fu la formazione di una giunta militare della Renamo, completamente autonoma rispetto al partito e diretta dal generale Mariano Nhongo che disconosceva sia Momade che gli accordi da lui firmati con Nyusi, richiedendo un tavolo parallelo col presidente della repubblica, per spuntare condizioni più favorevoli.
Per molti osservatori, la fine di Nhongo era scontata. Infatti, nell’ottobre dello scorso anno, il capo della giunta militare è stato ucciso in un’imboscata delle forze speciali di polizia mozambicane: si è chiusa così un’esperienza di mera testimonianza e di resistenza ormai anacronistica. Quella la svolta ha spezzato le residue resistenze della Renamo: si va completando il processo per trasformarla in una formazione politica “normale”, uscendo dall’ambiguità di un partito militarizzato.
Si apre una nuova pagina
I dati che qualche giorno fa Ossufo Momade ha fornito ai mozambicani parlano chiaro, confermando in larga misure le dichiarazioni peraltro un po’ ottimistiche di Nyusi. Il processo di Ddr ha ormai toccato 3.486 ex combattenti della Renamo su un totale di 5221, con passi in avanti sia nello smantellamento delle vecchie basi militari del partito nel centro-nord del paese sia nella consegna delle armi residue. Anche gli altri ex guerriglieri verranno presto reintegrati, in un modo o nell’altro, al fine di concludere rapidamente e definitivamente il processo di Ddr.
Restano, secondo Momade, alcune criticità. Soprattutto un inquadramento non giusto dei quadri superiori della Renamo nell’esercito e nella polizia, e il ritardo nell’attribuzione dei terreni e di progetti economici specifici per coloro che stanno uscendo dalla vita militare. Se quest’ultima questione potrà, probabilmente, risolversi positivamente, non altrettanto si può dire dell’inquadramento dei quadri superiori della Renamo: gli ufficiali della Renamo sono destinati a occupare incarichi residuali, senza una partecipazione effettiva alla vita della polizia e dell’esercito.
Il risultato, dopo trent’anni di una pace ambigua, deve essere salutato con un sospiro di sollievo. Tuttavia, dal punto di vista politico, si apre una pagina completamente nuova. La Renamo, infatti, in tutti questi anni è riuscita a esercitare una certa pressione sul governo proprio in ragione del ricatto militare. Oggi, senza più un esercito e armamenti a disposizione, la Renamo è costretta a reinventarsi come partito “normale”, che compete nei processi elettorali secondo una prospettiva meramente politica.
Una sfida durissima, vista la condizione di crisi del partito e la svolta autoritaria che il Mozambico sta vivendo. In questo senso, è difficile prevedere quali armi la Renamo (e le altre opposizioni) potrà utilizzare per far fronte all’egemonia del Frelimo, sin dal prossimo turno elettorale del 2023-2024.
Il paradosso è che un processo che ha portato alla pace possa trasformarsi nel declino non soltanto della Renamo ma della stessa, fragile democrazia mozambicana, favorendo l’affermazione di un autoritarismo senza limiti e condizionamenti, come quello che si profila guardando alle scelte del governo Nyusi.