L’ex presidente del Burkina Faso Blaise Compaoré tornerà per la prima volta nel suo paese dall’esilio, in Costa d’Avorio, dove si era rifugiato nel 2014, quando fu deposto dai militari. Il suo rientro in patria solleva però perplessità, perché sulla sua testa pesa una condanna all’ergastolo emessa lo scorso aprile per complicità nell’omicidio del suo predecessore Thomas Sankara, nel 1987.
La presidenza ha fatto sapere che Compaoré è stato invitato dalla giunta militare al potere a partecipare, venerdì 8 luglio a Ouagadougou, a un incontro tra il presidente ad interim Paul-Henri Damiba e diversi ex capi dello stato – tra cui il successore di Compaoré, Roch Marc Christian Kaboré, deposto con un golpe lo scorso febbraio – per discutere “questioni legate agli interessi superiori della nazione”.
Nelle ultime settimane Damiba ha contattato i suoi predecessori, sottolineando la necessità di unità politica di fronte alla minaccia jihadista. E proprio l’impotenza di Compaoré, al potere per 27 anni, di fronte alla crescente violenza di gruppi legati ad al-Qaida e allo Stato islamico, è stata uno dei motivi addotti dai militari per la sua deposizione (l’ex presidente stava anche tentando di cambiare la costituzione per permettersi di rimanere al potere).
In questi mesi, però, la giunta non ha compiuto alcun progresso in questo senso con i terroristi che occupano ormai un terzo circa del territorio.
L’annuncio del ritorno di Compaoré è stato accolto dagli avvocati della famiglia dell’eroe nazionale Thomas Sankara con una richiesta alle autorità giudiziarie di “arrestare e deferire” l’ex presidente al suo arrivo in Burkina Faso. Una richiesta sostenuta da gran parte della società civile burkinabé.