Si è chiusa domenica 24 luglio a Mongomo, in Guinea Equatoriale, la XII Assemblea plenaria ordinaria dei vescovi dell’Africa centrale (ACERAC), riuniti dal 17 al 24 luglio sul tema “Giovani e movimenti migratori: il caso dell’Africa centrale”.
Nel discorso di apertura dell’assise Protase Rugambwa, l’arcivescovo emerito della diocesi di Kigoma, in Tanzania, ha sottolineato il fatto che il fenomeno coinvolga soprattutto migliaia di giovani, il gruppo umano più vitale e potenzialmente rilevante per l’Africa.
«L’episcopato dell’Africa centrale – ha dichiarato il presule – deve farsi portavoce e strenuo difensore della nuova generazione di fronte ai rispettivi governi, società civili e famiglie, attirando l’attenzione sulla spesso tragica realtà del fenomeno migratorio, che vede milioni di giovani e ragazze trasformarsi in vittime, sia morendo in mare o nel deserto che cadendo in condizioni di miseria e schiavitù».
I dati dell’Onu
Riportando i dati impressionanti delle Nazioni Unite riguardanti la mobilità dei popoli africani, soprattutto dei giovani, che parlano di 24 milioni di migranti africani verso i paesi occidentali e di ben 40 milioni di sfollati e profughi interni al continente per cause legate alla coltivazione della terra, ai cambiamenti climatici, ai conflitti armati o al terrorismo islamico, i vescovi nel documento finale dell’Assemblea affermano, in merito ai flussi migratori verso l’Europa: «I pericoli lungo le rotte percorse, tra cui il deserto del Sahara, gli abusi, il rischio di essere uccisi e il pericolo di naufragio nel Mediterraneo, sono tutt’altro che un deterrente per i candidati sempre più giovani e numerosi. I giovani – scrivono ancora i vescovi – hanno un desiderio ardente e irresistibile di partire, vogliono disperatamente raggiungere l’Occidente che sognano come un eldorado. Pensano che lì troveranno la possibilità di realizzare tutti i loro progetti di vita».
Strutture diocesane
Offrendo strade concrete per trovare soluzioni al fenomeno, i vescovi insistono sull’importanza di «contrastare le derive morali legate alla modernità e non cedere alla tentazione di gettarsi nell’avventura migratoria». Creando a tale scopo per le diocesi una struttura regionale dedicata alla promozione e allo sviluppo di solidarietà e carità nei confronti dei più vulnerabili, attraverso l’istituzione, tra l’altro, di una Caritas regionale. Altre iniziative concrete riguardano il piano di «sviluppare attività di ricerca sul fenomeno migratorio in Africa negli istituti ecclesiali superiori, di rivitalizzare la pastorale familiare, tenendo conto del fatto che la famiglia rimane l’unità di base per l’educazione dei giovani».
Appello alle Chiese
I presuli si rivolgono, poi, a varie realtà coinvolte nel processo migratorio: le Chiese del Nordafrica e del Medioriente sono incoraggiate a denunciare i gravi abusi cui devono sottostare i migranti nei rispettivi stati, ad accogliere e rispettare la dignità dei giovani che clandestinamente arrivano in essi per transitarvi o stabilirsi in quei paesi.
Le Chiese europee, i governanti, la società civile, gli enti pubblici e altre associazioni specifiche sono inoltre invitati a promuovere e proteggere i diritti dei migranti e dei rifugiati e sollecitano lo sviluppo di politiche a favore della loro integrazione.
Esortando i governi, infine, a rendere la concessione del visto un diritto per coloro che ne soddisfano i criteri, al fine di ridurre al minimo il ricorso dei giovani all’immigrazione clandestina e all’illegalità.
Trattamento disumanizzante
Rivolgendosi da ultimo direttamente ai giovani migranti, i presuli comunicano la sofferenza che provano per il trattamento disumanizzante inflitto a molti di loro alla ricerca di un futuro migliore. Invitandoli a tenere vivi i valori africani veri e rispondenti al vangelo, esortano i migranti a impegnarsi nel lavoro e nella cura delle famiglie, più che al cercare un successo facile. Mettendoli in guardia dal cadere in reti mafiose che promettono un grande futuro, ma poi inducono in un “inferno inaspettato”, i vescovi ribadiscono che, al di là dell’analisi teorica del fenomeno migratorio, dovranno assumere tutti un impegno davvero concreto per contrastare il più possibile gli abusi cui sono sottoposte le vittime dei cosiddetti “viaggi della speranza”.