Sempre più tesi i rapporti tra il governo della Repubblica democratica del Congo e la missione Onu (Monusco) che da oltre vent’anni è operativa nel nordest del paese, nelle province di Ituri, Nord Kivu e Sud Kivu, con l’obiettivo di ristabilire la pace.
Il ministro degli esteri Christophe Lutundula ha chiesto alla responsabile della Monusco Bintou Keita, rappresentante speciale del segretario generale Onu, che il portavoce della Monusco Mathias Gillmann lasci il territorio congolese il prima possibile.
Lutundula ha spiegato che «la presenza di questo funzionario sul territorio nazionale non favorisce un clima di reciproca fiducia e di serenità così indispensabile tra le istituzioni congolesi e la Monusco».
Il governo che fa capo al presidente Tshisekedi avrebbe reagito alle dichiarazioni del portavoce a Radio France Internationale. Secondo Gillmann, la Monusco non dispone di mezzi militari adeguati per far fronte al gruppo armato M23, uno dei più strutturati tra le decine di gruppi armati che agiscono nelle province del nordest. Un’affermazione che rispedisce nel campo dell’esercito congolese la palla avvelenata dell’instabilità cronica di quei territori.
La Monusco non gode dei favori delle popolazioni locali che considerano inefficace la sua azione di contrasto ai gruppi armati. E dal 2019 si è costituito un movimento di cittadini che chiede ai caschi blu di lasciare il paese. E questo malcontento trabocca, di tanto in tanto, nelle piazze e davanti alle sedi della Monusco. Negli ultimi dieci giorni 22 manifestanti sono stati uccisi a Goma, Butembo e Kanyabaonga (Nord Kivu) e 4 caschi blu hanno trovato la morte a Butembo.
Il presidente Félix Tshisekedi sa bene che uno dei temi più caldi della campagna elettorale per le presidenziali di fine 2023 sarà la stabilità del nordest e la dubbia sovranità di questi territori infiltrati da decenni dagli interessi politico-economici del Rwanda e dell’Uganda. Per questa ragione il governo ha posto in stato d’assedio dal maggio 2021 le province dell’Ituri e del Nord Kivu. E dal novembre scorso ha autorizzato alcuni reparti dell’esercito ugandese ad operare nell’Ituri a fianco dell’esercito congolese.
Thisekedi ha poi pensato bene di aderire alla Comunità economica dell’Africa orientale che comprende Kenya, Tanzania, Uganda, Burundi, Rwanda, Sud Sudan del Sud. Dunque ha deciso di avvicinarsi a dei paesi – Burundi, Rwanda, Uganda – che sono all’origine dell’instabilità del nordest. I congolesi dovranno riflettere a fondo prima di rinnovare la fiducia a Félix Tshisekedi.