Arusha è il luogo dove sono accaduti avvenimenti importanti e svolte epocali in Africa. Nel 1993, la città tanzaniana ha fatto da teatro agli accordi di pace firmati dai rappresentanti delle diverse fazioni coinvolte nella guerra civile rwandese.
Qualche giorno fa, invece, ha ospitato il 44° congresso della Caf (Confédération africaine de football), dal quale ha ufficialmente preso vita la Superlega:
Del progetto se ne discuteva da tempo, ma a partire dall’agosto 2023 è realtà, per la gioia di Patrick Motsepe, il tycoon sudafricano a capo della confederazione calcistica africana. «Il mio obiettivo è ottenere fondi per migliorare le infrastrutture del calcio, per i giocatori, i proprietari di club e per tutte le altre parti interessate. Grazie alla Superlega il calcio africano sarà più competitivo», ha dichiarato il presidente.
Una montagna di soldi
In effetti, per le 24 squadre ammesse al torneo, che saranno distribuite in 8 gruppi disegnati secondo criteri geografici, le opportunità di guadagno sono decisamente ghiotte: «Stiamo parlando di un giro d’affari tra i 250 e i 300 milioni dollari all’anno», ha specificato Motsepe. Più nel dettaglio, i campioni intascheranno un assegno da 11,5 milioni di dollari, ma anche la sola partecipazione alla kermesse garantirà a ognuna delle 24 formazioni un introito di 2,5 milioni di dollari, praticamente lo stesso premio garantito attualmente ai campioni della Champions League. Non solo: la Caf si impegnerà a versare un milione di dollari a ognuna delle 54 federazioni affiliate.
La notizia, come prevedibile, è stata accolta con grande entusiasmo dai club più blasonati del continente. Secondo Barbara Gonzalez, Ceo del Simba, la squadra più vincente della Tanzania, la Superlega è una vera e propria manna dal cielo per il calcio africano: «Questo torneo ne cambierà il volto in termini di investimenti, visibilità e marketing in generale», ha spiegato Gonzalez.
I club diffidenti
Non tutti, però, la pensano allo stesso modo. Tra i più scettici ci sono i presidenti delle squadre provenienti dall’Africa occidentale, preoccupati di rimanere alla periferia dell’impero. «Sarà una competizione elitaria, riservata soprattutto alle squadre del Nordafrica e dell’Africa meridionale. Quale sarebbe la logica sportiva se la squadra al settimo posto del campionato marocchino, con il pretesto che è un grande club, vi prendesse parte? Non voglio vedere i più ricchi diventare sempre più ricchi e gli altri stagnare o impoverirsi», ha tuonato Saer Seck, presidente del Diambars, una delle più rinomate accademie calcistiche del Senegal.
Dubbi anche dal Sudafrica
Paradossalmente, tuttavia, il commento più duro è arrivato dal Sudafrica, il paese del presidente Motsepe. John Comitis, presidente del Cape Town City FC, non le ha mandate a dire: «Con la creazione della Superlega si è fatto il funerale dei campionati nazionali africani».
Più in generale, comunque, l’opinione diffusa tra gli addetti al lavoro è che il rapporto costi/benefici della Superlega sia a favore di questi ultimi, come ha ben sintetizzato Zdravko Logarusic, l’allenatore croato dello Zimbabwe: «Ogni paese ha i migliori club, ma i loro campionati non sono così competitivi. Servono tornei più allenanti per quei giocatori che non vanno in Europa. Da ciò ne trarrebbero beneficio anche le nazionali».
Ma c’è anche chi intravede del razzismo dietro l’operazione Superlega, sponsorizzata fortemente dalla Fifa. Secondo alcuni commentatori, la federazione internazionale avrebbe strategicamente pensato di usare l’Africa come un gigantesco laboratorio per la Superlega, dopo aver visto abortire sul nascere un esperimento simile in Europa.
Il presidente della Fifa, Giani Infantino, al fianco del suo grande amico Motsepe in occasione del lancio del torneo, si è difeso illustrando le differenze tra il progetto europeo e quello africano. «Beh, quella africana è una proposta completamente diversa dal progetto presentato in Europa. La Superlega africana non sarà una lega separatista», ha spiegato Infantino.
Sarà la verità? Solo la realizzazione del progetto ce lo dirà.