La Chiesa cattolica del Ciad ha sospeso la propria partecipazione ai lavori del Dialogo nazionale inclusivo e sovrano, iniziato il 20 agosto a N’Djamena. Dialogo organizzato dalla giunta militare che governa il paese dall’aprile del 2021, cioè alla morte (in circostanze ancora da chiarire) del presidente Idriss Déby Itno.
A comunicare la decisione della Chiesa, il vescovo di Doba, mons. Waingué Bani Martin: «Sospendiamo la nostra partecipazione alle sessioni per non avallare il controllo di un gruppo sul processo di dialogo». Insomma i vescovi sono perplessi sulla piega che hanno preso gli avvenimenti.
Il dialogo, che ha mobilitato 1.400 personalità della politica e della società civile, e che dovrebbe arrivare a stabilire le modalità di una transizione che sfoci nelle elezioni, è in realtà boicottato dai maggiori partiti di opposizione e da due movimenti armati. Che non si fidano della giunta militare.
Inoltre negli ultimi giorni il dialogo si è svolto a singhiozzo ed è stato attraversato da forti tensioni. Infatti giovedì scorso, nella capitale N’Djamena, la sede del partito di opposizione, Les Transformateurs, è stata accerchiata dalle forze dell’ordine che hanno arrestato un centinaio di persone. Accusate di manifestazione non autorizzata e di disturbo dell’ordine pubblico, sono state liberate ieri sera.
Si tratta di vedere se oggi i lavori del dialogo, sospesi sabato, riprenderanno o se il Consiglio militare, presieduto da Mahamat Idriss Déby (figlio del presidente scomparso nel 2021), deciderà di attendere che le acque si calmino.