Dal 5 al 7 settembre si celebra a Lomé (Togo) l’iniziativa dell’Unione africana legata al mese di amnistia in Africa. Mese in cui si auspica la consegna e la raccolta delle armi illegali presenti nel continente.
È la prima volta che l’iniziativa si svolge fuori dai palazzi dell’Unione africana di Addis Abeba.
Iniziativa legata al progetto Silenziare le armi entro il 2020, un progetto faro dell’Agenda 2063 dell’Ua. Ma visto che quella data è già stata ampiamente superata e il risultato non è stato ottenuto, l’Unione africana ha scelto di voler mettere a tacere le armi nel continente entro il 2030.
L’incontro di Lomé si svolge alla presenza di alti funzionari del governo togolese, della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cedeao), delle Nazioni Unite, dell’Unrec (Centro regionale delle Nazioni Unite per la pace e il disarmo in Africa).
Obiettivo: la consegna delle armi
L’obiettivo è incoraggiare i civili a consegnare volontariamente le armi illegali in loro possesso, nel rispetto dell’anonimato e dell’immunità da procedimenti giudiziari.
Inoltre, mira anche a promuovere i programmi di disarmo, smobilitazione e reintegrazione (Ddr), nonché a coinvolgere la società civile africana nel promuovere, tra le altre cose, la consegna di armi da fuoco illecite da parte di civili durante appunto l’Africa Amnesty Month.
Mese istituito nel 2017 dall’Ua in un contesto di sicurezza caratterizzato da conflitti persistenti, alimentati da molteplici fattori e dalla tendenza dei civili ad acquisire armi per proteggersi.
Il commissario per gli affari politici, la pace e la sicurezza dell’Ua, l’ambasciatore Bankolé Adéoyé, ha ricordato come uno studio condotto nel 2019 dall’ istituzione africana abbia evidenziato che più di 40 milioni di armi leggere e di piccolo calibro circolavano in quel momento nel continente. «E sono la causa di oltre 500mila morti l’anno», ha ricordato il capo della diplomazia togolese, Robert Dussey.
«Il Togo, come altri paesi – ha proseguito – è preoccupato per il flagello della circolazione illecita di armi, che assume oggi particolare importanza nell’Africa occidentale, dove queste armi servono come terreno fertile per la moltiplicazione di crimini, di ogni genere, nel dilagare del terrorismo con uno sfondo di proselitismo religioso».
Le forze dell’ordine hanno meno armi
Una cifra, 40 milioni, considerata uno scandalo da Adéoyé «perché superiore al numero di armi in dotazione perché dalle forze dell’ordine e della difesa che hanno una missione legale di protezione e difesa dei cittadini africani».
Al di là di queste iniziative simboliche e di informazione, per l’ambasciatore Adéoyé sarà necessario cambiare strategia e applicare gli «strumenti giuridici a livello continentale che regolano la produzione, la circolazione e l’uso delle armi».
«Perché quello che ci manca – ha proseguito – è l’attuazione di questi strumenti. Dobbiamo cambiare strategia e agire ora a livello dell’Ua e dei singoli paesi e di tutti i partner, in modo che le popolazioni capiscano che il mese dell’amnistia esiste e durante questo mese si possono depositare legalmente, senza essere perseguitati, armi. Se lo faremo, ciò aiuterà a raggiungere gli obiettivi nel nostro continente», ha affermato il commissario per gli affari politici, la pace e la sicurezza dell’Ua.
Obiettivi irraggiungibili
Ma il dato politico che emerge è che l’Unione africana sembra avere l’abitudine di assegnare scadenze per obiettivi troppo ambiziosi e poi faticare a raggiungerli. È il caso anche di iniziative come l’adozione di un passaporto africano entro il 2018 e l’autofinanziamento dell’Ua attraverso un prelievo sulle importazioni entro il 2017.
Anche Silenziare le armi entro il 2020, è un progetto che ha scavallato la data senza che l’Africa abbia raggiunto l’obiettivo di essere libera dai conflitti. Pertanto la scadenza è stata prorogata al 2030.
I cinici prevedono già che non sarà raggiunto, vista la tendenza all’insicurezza che il continente deve affrontare. Tra questi, la diffusione del terrorismo e dell’estremismo violento, la recrudescenza dei colpi di stato, l’instabilità legata alle risorse e i conflitti in aree come la regione dei Grandi Laghi, nonché i conflitti interni agli stati come in Sud Sudan, Libia, Etiopia e Camerun.
L’Ua, purtroppo, rimane limitata dalla sovranità dei suoi stati membri. Può fare solo fino a un certo punto per spingere i suoi membri nella giusta direzione, ma alla fine ha le mani legate. Questo non cambierà entro il 2030.
Per evitare delusioni, la Commissione dell’Ua sta lavorando per definire meglio il significato di «mettere a tacere le armi» nel contesto degli obiettivi dell’Agenda 2063 e delle tappe specifiche che dovrebbero essere raggiunte da qui al 2030.
La Master Roadmap to Silencing the Guns, adottata a Lusaka nel 2016, mancava di chiarezza e di una matrice di attuazione praticabile con indicatori chiari di cosa avrebbe significato il “successo”. Nell’ambito degli sforzi per migliorare i risultati, a febbraio, l’Assemblea dell’Ua ha adottato un quadro di monitoraggio e valutazione (M&E) ed è in corso lo sviluppo di un piano di attuazione per guidare il contributo degli attori chiave.
Obiettivi raggiungibili
Gli obiettivi di Silencing the Guns sono estremamente ampi. Alcuni, come il rafforzamento dei finanziamenti per le operazioni africane di sostegno alla pace, la creazione di interventi militari nell’ambito della Forza africana di pronto intervento (ASF) o la prevenzione della circolazione dei flussi illeciti di armi in Africa, possono essere associati con relativa facilità a un elenco di indicatori di successo. Che può essere misurato, ad esempio, osservando le risorse disponibili nel Fondo per la pace, il numero di dispiegamenti dell’ASF, la cooperazione tra le agenzie di sicurezza e la ratifica e l’applicazione dei trattati dedicati all’eliminazione del traffico illecito di armi.
Altri obiettivi, come il successo delle strategie di mediazione e di mantenimento della pace in Africa, sono invece più difficili da misurare. Come si fa a dimostrare che i conflitti si sarebbero intensificati se non fossero intervenuti gli operatori di pace? Il successo nella costruzione della pace è sempre più difficile da misurare rispetto al fallimento.