Da molti l’Eritrea è stata definita la ‘Corea del Nord’ dell’Africa. Il processo di nazionalizzazione delle strutture di sviluppo (scuole, cliniche, centri di formazione) non si è mai interrotto e solo qualche settimana fa vi è stata la confisca di un’altra scuola della Chiesa cattolica.
Ora il regime – bisognoso di forze fresche per rafforzare l’esercito, nuovamente impegnato a fianco dell’Etiopia nella guerra contro il Tigray – ha cominciato a rastrellare giovani per prepararli alla guerra.
«Ragazzi e ragazze di 15-16 anni sono stati prelevati da scuole e altri centri e reclutati per il servizio militare obbligatorio senza limiti di tempo», ha dichiarato padre Mussie Zerai, sacerdote eritreo da tempo impegnato in Italia a favore dei migranti dall’Africa.
Dai luoghi di culto di città e villaggi – secondo fonti credibili – vengono raccolti giovanissimi ragazzi e ragazze, molti dei quali inviati poi al fronte di guerra.
L’ultimo episodio è avvenuto la scorsa settimana nell’eparchia (diocesi) di Segheneity, nel villaggio di Akrur, dove i soldati si sono recati, durante la celebrazione eucaristica, nella chiesa di Cristo Redentore (Medhane Alem). Il parroco ha dichiarato che i giovani del coro, ancora nelle loro uniformi, sono stati prelevati e condotti via forzatamente.
Da oltre vent’anni il governo di Isaias Afwerki ha introdotto il programma di servizio militare nazionale obbligatorio per tutti i cittadini dai 17 ai 55 anni. Ora l’età si è ancora abbassata.
L’organizzazione Human Rights Watch ha denunciato che sono molti gli eritrei che, prelevati dalle scuole secondarie del paese, hanno speso la loro intera esistenza servendo il governo come militari o come civili. A causa di ciò migliaia di giovani decidono tuttora di fuggire dal paese, avventurandosi in viaggi per terra o per mare che hanno già mietuto migliaia di vittime.
Ogni appello rivolto dalla comunità internazionale al governo perché ponga fine a questa politica, è stato finora ignorato.