L’annuncio è arrivato in modo lapidario, alla fine del TG nazionale di lunedì sera: la Guinea Equatoriale ha abolito la pena di morte. Un annuncio storico per la piccola repubblica produttrice di petrolio dell’Africa centrale, reputata tra le più autoritarie al mondo.
Di fatto le esecuzioni capitali erano già molto rare nel paese. L’ultima risale al 2014, secondo quanto riportato da Amnesty International.
Il quadro complessivo sul rispetto dello stato di diritto resta problematico,
A partire dall’assetto politico. L’80enne presidente Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, dall’alto dei suoi 43 anni di potere ininterrotto, vanta il primato di capo di stato più longevo al mondo, fatta eccezione per le monarchie.
Il suo Partito democratico della Guinea Equatoriale conta 99 deputati su 100 in parlamento. Le prospettive di cambiamento sono avviate sul binario familiare. Suo figlio Teodoro Nguema Obiang Mangue, detto Teodorino, è vicepresidente e sempre più a suo agio nel ruolo di delfino.
La stessa Amnesty International ha denunciato ripetutamente le violazioni di diritti umani nel paese. L’ultima volta è stata lo scorso agosto. L’Ong ha messo sotto accusa la politica di repressione contro delle bande criminali, che sarebbero state condotte a suon di detenzioni arbitrarie, torture, uccisioni e sparizioni forzate.
Il presidente Obiang ha respinto le accuse al mittente, giudicandole «prive di ogni fondamento e credibilità».
La pena di morte è ancora in vigore in Africa in circa 30 paesi. Ma solo la metà di essi vi ha fatto effettivamente ricorso negli ultimi anni.