Il 10 ottobre l’amministratore delegato della compagnia petrolifera francese TotalEnergies, Patrick Pouyanné, è convocato a Bruxelles per replicare alle accuse di violazione dei diritti umani e ambientali nell’ambito del progetto di realizzazione del mega oleodotto dell’Africa orientale (East African Crude Oil Pipeline – Eacop) e dei relativi progetti Tilenga e Kingfisher di estrazione e raffinazione di greggio a monte, nel lago Alberto, in Uganda.
Pouyanné comparirà davanti alla commissione parlamentare per l’ambiente, l’alimentazione e le risorse naturali, e a quella per i diritti umani, del parlamento dell’Unione europea.
Il caso è stato aperto la scorsa settimana da una risoluzione del parlamento europeo che chiede alla Total e ai suoi partner di joint venture di ritardare i progetti di un anno, per affrontare le accuse di violazioni ambientali e dei diritti umani, sollevate già da tempo, anche sul piano giudiziario, da una vasta rete di organizzazioni locali e internazionali.
Ma a non voler rinunciare all’operazione è soprattutto il presidente ugandese Yoweri Museveni, il quale ha affermato che il paese – in grande difficoltà dopo la rinuncia alle forniture di gas russo – cercherà altre alternative se Total obbedirà alle direttive del parlamento europeo.
Durante l’incontro dei parlamentari del partito al governo, il 16 settembre, il presidente anche ha avvertito che se TotalEnergies dovesse cedere alle pressioni e fermare Eacop o ritirarsi dall’accordo, è pronto a trascinarli davanti alla corte arbitrale internazionale.
Nel mega progetto, l’Uganda, con la National Oil Corporation (Unoc), detiene il 15% del capitale. Un altro 15% è della Tanzania Petroleum Development Corporation (Tpdc), mentre l’8% è in mano alla China National Offshore Oil Corporation (Cnooc). Ma la Total resta l’azionista di maggioranza, con il 62%.
La risoluzione europea ha avuto il merito di gettare un sasso nello stagno, spingendo le agenzie tanzaniane e ugandesi, oltreché la stessa Total, a fornire prove che contestino le accuse mosse. L’Ue stima che siano oltre 100mila le persone colpite, principalmente agricoltori, già sfollati dalle loro terre senza un previo ed equo compenso.
L’oleodotto, con i suoi 1.443 km che collegheranno l’Uganda all’oceano Indiano, in Tanzania, attraverserà inoltre numerosi ecosistemi protetti, con una tubatura riscaldata a 50 gradi. La risoluzione chiede anche la fine delle attività estrattive – l’obiettivo complessivo è la perforazione di 419 pozzi, con un’estrazione stimata di 200mila barili al giorno – negli ecosistemi protetti e sensibili, compresi i dintorni del lago Alberto.
Qui la Total prevede di scavare 132 pozzi nel parco nazionale delle cascate Murchison, minacciate di recente anche da un progetto di costruzione di una diga, per ora sospeso dal governo ugandese.