I segnali erano inequivocabili: già il 2 ottobre scorso l’Adi (Azione democratica indipendente), il principale partito di opposizione di São Tomé e Príncipe, un piccolo paese insulare africano sull’Atlantico con poco più di 200mila abitanti, aveva vinto le elezioni presidenziali, portando il proprio candidato, Carlos Vila Nova, alla massima carica dello stato.
Si era allora sviluppata una convivenza fra Vila Nova e il governo guidato da Jorge Bom Jesus, dell’Mlstp-Psd (Movimento di liberazione di São Tomé e Príncipe – Partito social democratico). Una convivenza che, coi risultati elettorali delle elezioni politiche del 25 settembre, è destinata a finire.
Il vincitore delle elezioni di domenica scorsa è stato infatti l’eterno mattatore della politica di São Tomé e Príncipe, Patrice Trovoada, fondatore dell’Adi e già primo ministro dal 2014 al 2018. A risultati provvisori non ancora annunciati si era già autoproclamato vincitore di più della metà dei 55 seggi parlamentari disponibili.
São Tomé e Príncipe ha adottato da tempo un sistema semi-presidenzialista, in cui il presidente della repubblica è capo dello stato, eletto direttamente, e il primo ministro è capo del governo, risultante dall’incarico conferitogli dal capo dello stato dopo il responso delle urne per eleggere i membri del parlamento.
Incarico che Trovoada si aspetta di ricevere dal suo compagno di partito, il presidente della repubblica Vila Nova.
Nelle recenti elezioni l’Adi avrebbe incassato circa 36mila voti, l’Mlstp-Psd circa 25mila, il movimento Basta – una nuova forza politica di espressione populista – quasi 7mila, mentre l’alleanza fra il Movimento dei cittadini indipendenti e il Partito di unità nazionale avrebbe raggiunto un consenso intorno ai 5mila voti.
Questi sarebbero i partiti che formeranno il nuovo parlamento – i cui seggi verranno ufficialmente distribuiti dal Tribunale costituzionale -, degli 11 che avevano partecipato alla contesa elettorale. Soltanto dopo questo passaggio si capirà se l’Adi avrà i seggi sufficienti per governare da solo, oppure se sarà costretto ad allearsi con una delle formazioni minori che sono entrate in parlamento.
Il processo elettorale è stato relativamente tranquillo, dimostrando, ancora una volta, un buon livello di democrazia dei cittadini di São Tomé e Príncipe. L’astensione è stata di circa il 34% su 123mila aventi diritto, con la novità del voto anche per i residenti all’estero (con affluenza di neanche il 20% dei circa 14mila aventi diritto).
L’unico episodio da segnalare durante il processo elettorale è stato il boicottaggio dei residenti del quartiere Hospital. Privi di acqua da mesi, essi hanno inscenato una manifestazione piuttosto violenta, bruciando pneumatici per le strade del quartiere, e impendendo ai potenziali elettori di recarsi alle urne.
Oltre alle legislative, i cittadini di questo piccolo arcipelago hanno anche eletto il governo regionale autonomo di Príncipe e i sindaci delle varie città.
Se i risultati delle amministrative devono ancora essere conosciuti, appare piuttosto chiaro invece il risultato per il governo dell’isola di Príncipe: Filipe Nascimento, giovane giurista formatosi in Portogallo e candidato dell’Umpp (Unione per il cambiamento e il progresso di Príncipe) dovrebbe essere stato confermato, con maggioranza qualificata del locale parlamento.
Nonostante la sua piccola dimensione, São Tomé e Príncipe è un paese in cui la povertà ha un’incidenza significativa, e la dipendenza da aiuti e investimenti esteri continua a essere molto elevata.
La Banca mondiale ha deliberato un finanziamento di 18 milioni di euro nel maggio scorso per combattere le conseguenze della pandemia e dei disastri climatici, mentre la grande aspettativa soprattutto degli investitori stranieri è che vengano confermate le scoperte di petrolio, segnalate sin dal 2001, ma che ancora non hanno portato significativi miglioramenti nelle condizioni delle popolazioni locali.
Miglioramenti dei servizi e lotta alla povertà saranno le principali sfide per il nuovo governo di São Tome e Príncipe.