In Sudan le autorità stanno affrontando un’emergenza sanitaria dovuta all’accumulo di oltre 3.500 corpi non identificati, ammucchiati negli obitori dello stato di Khartoum in attesa di autopsia. Tra questi ci sarebbero anche centinaia di manifestanti scomparsi che, secondo gli attivisti della società civile, sono stati uccisi dalle forze di sicurezza nella violenta repressione delle proteste contro il regime militare golpista.
Le denunce sull’accumulo di corpi negli obitori sono emerse per la prima volta a maggio, e poi con video pubblicati all’inizio di settembre che mostravano pile di cadaveri tenuti in un edificio che sembrava non avere refrigerazione. E in effetti, riferisce il quotidiano Sudan Tribune, molti dei corpi hanno iniziato a decomporsi già prima dell’estate, a causa delle continue interruzioni di corrente, delle alte temperature e dell’enorme carico, ben oltre la capacità degli obitori degli ospedali.
La situazione si è creata a causa di un braccio di ferro tra le autorità sanitarie, decise a procedere con le autopsie, i riconoscimenti e le sepolture, e quelle giudiziarie, che all’inizio del mese hanno autorizzato la sepoltura di massa dei corpi ma senza autopsia.
I sanitari avvertono che la situazione attuale potrebbe innescare un’epidemia di malattie come peste e colera, ma restano fermi nel chiedere che vengano eseguiti esami autoptici.
«Ci atteniamo all’autopsia di tutti i corpi non identificati in conformità con il protocollo della Croce Rossa», ha dichiarato il 26 settembre in una conferenza stampa Aqil Swar al-Dahab, capo del comitato consultivo dell’autorità di medicina legale, contestando il fatto che la Procura abbia revocato la sua decisione.
Il divieto dell’autopsia ha comportato l’accumulo di circa 3.500 corpi, rispetto ai 200 corpi presenti negli obitori nel 2019, dopo la deposizione del presidente Omar El-Bashir, ha aggiunto.
Sulla questione è intervenuto anche il comitato dei medici sudanesi – che ha monitorato le morti e i feriti tra i manifestanti dal colpo di stato militare dell’ottobre 2021 – che il 25 settembre ha tenuto una protesta davanti al quartier generale dei pubblici ministeri a Khartoum.
In una dichiarazione, il gruppo ha chiesto che tutte le sepolture siano sospese fino a quando “non verrà interpellato un team di medicina legale internazionale, indipendente e affidabile, che protegga i diritti dei dispersi e dei loro parenti, e cerchi di raggiungere la verità e di ottenere giustizia”.
Le autorità militari al potere si dicono favorevoli all’indagine ma sono accusate di essere dietro gli sforzi per seppellire le vittime e cancellare ogni prova della loro responsabilità in sparizioni forzate, torture e uccisioni extragiudiziali.
Con i medici, anche i gruppi pro-democrazia, le famiglie delle vittime della repressione, l’Iniziativa per le persone scomparse e i comitati di resistenza, hanno rinnovato il loro rifiuto alla sepoltura di massa senza autopsia.
Un’altra manifestazione con centinaia di partecipanti il 26 settembre a Omdurman, è stata dispersa con violenza dalle forze di sicurezza.