Gli operatori di Greenpeace Africa in visita a 14 villaggi della Repubblica democratica del Congo hanno dichiarato in un rapporto pubblicato il 29 settembre che la popolazione dell’area è del tutto ignara del piano del governo di Kinshasa di aprire vasti appezzamenti di territorio della foresta tropicale della Cuvette centrale a trivellazioni in cerca di petrolio e gas.
Alcuni dei 30 blocchi di esplorazione stabiliti lo scorso luglio rientrano in aree protette e nelle più vaste torbiere tropicali, che racchiudono carbone l’equivalente di tre anni di emissioni di gas serra.
Oltre un milione di persone, la cui sussistenza è garantita da ecosistemi intatti, basati soprattutto su pesca e piccole coltivazioni, subirebbe gli effetti delle estrazioni, mentre l’inquinamento potrebbe contaminare l’acqua nei centri urbani a valle, inclusa la capitale Kinshasa.
Secondo un rapporto di Greenpeace, le proiezioni della Banca mondiale sostengono che entro il 2030, Kinshasa avrà una popolazione di 26 milioni. Le eventuali concessioni (su alcune delle quali Greenpeace ha denunciato assegnazioni illegali), inoltre, invaderebbero ecosistemi ambientali molto sensibili, che ospitano specie animali già a rischio, quali gorilla, scimmie, elefanti, ghepardi e zebre.
Senza contare bracconieri, taglialegna abusivi e produttori di carbone, cui si aprirebbe la strada per sfruttare la situazione e devastare ulteriormente l’ambiente.
Il presidente Felix Tshisekedi, dal canto suo, parlando alle Nazioni Unite, ha difeso la cessione dei terreni, asserendo che sono state prese misure adeguate a prevenire il possibile impatto negativo sull’ambiente e insistendo che l’operazione è vitale per consolidare l’economia del paese.
Il territorio congolese include il 60% della foresta tropicale del bacino del Congo, la seconda nel mondo per estensione dopo la foresta amazzonica, un ambiente vitale per il pianeta, già ampiamente minacciato e che rischia di scomparire entro il 2100.