Si tratta del primo viaggio all’estero della prima ministra francese Elisabeth Borne. E ha scelto l’Algeria come meta. Viaggio iniziato ieri e che si concluderà oggi. Visita per dare «nuovo slancio» alla riconciliazione avviata a fine agosto dai presidenti dei due paesi. E che si tratta di un appuntamento importante lo dimostra il fatto che la prima ministra sarà accompagnata da 15 ministri, quasi la metà del suo governo.
Previsto un incontro anche con il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune, con il quale Emmanuel Macron aveva concluso, lo scorso 27 agosto, una «rinnovata partnership» attorno a sei assi che restano da concretizzare.
Deposizione di una corona al monumento dei martiri di Algeri, per rendere omaggio ai combattenti algerini morti durante la guerra di indipendenza, poi al cimitero europeo. Questi i primi due gesti di Borne ad Algeri, accolta dalla sua controparte locale Aimene Benabderrahmane.
Insieme, hanno poi presieduto una riunione del comitato intergovernativo di alto livello. Il primo dal 2017. Sono stati firmati una decina di documenti, che riguardano in particolare i settori dell’industria, del turismo, dell’artigianato, dell’agricoltura, della creazione di start up e dei progetti culturali.
Affrontato anche il tema dell’energia e del gas. Nessun annuncio di un aumento delle consegne in Francia. Anche se la questione resta sul tavolo, come ha affermato il premier algerino: «Anche se non c’è stato un accordo sottoscritto, ciò non significa che non abbiamo discusso i temi che erano collegati e che non c’è stata trattativa. Ci saranno altre visite a venire».
Non era previsto di discutere, invece, la delicata questione della memoria della colonizzazione e della guerra d’Algeria. La commissione degli storici algerini e francesi, annunciata a fine agosto dai presidenti francese e algerino, che dovrebbe esaminare «senza tabù» gli archivi dei due paesi, «è ancora in fase di costituzione», secondo Parigi.
Il presidente Macron aveva stimato, durante la sua visita ad Algeri, che la ricerca della «verità e del riconoscimento» era più importante del «pentimento» su queste delicate questioni della memoria.