Il numero esatto delle morti nel Mediterraneo non lo sapremo mai, ma è possibile sia un numero che conta più donne che uomini. Così come non conosciamo molto delle storie femminili di chi attraversa il mare di mezzo. Spesso le donne sono infatti assenti dalle narrazioni migratorie che, quando vengono riportate, parlano per lo più di uomini, disegnando le donne come coloro che a casa aspettano da pazienti Penelope, oppure come coloro che partono al seguito o raggiungono gli uomini che sono partiti e si sono sistemati.
Poco o niente si sa di quelle che viaggiano da sole. Per lo più comunque, nella maggior parte dei casi, quando le si racconta lo si fa come vittime. Ma questo resoconto va stretto all’autrice che intende restituire, attraverso incontri e interviste raccolte tra Malta e Italia, la femminilizzazione delle migrazioni. E lo fa con uno sguardo femminista che vuole proporsi come un importante contributo agli studi sul fenomeno.
Perché se è vero che per le donne il viaggio è più duro, tuttavia queste protagoniste migranti inventano strategie, si mettono in discussione, alcune volte diventano leader, soprattutto quando la loro scelta di partire da sole è già stata ardua, coraggiosa, fuori ogni schema che le vorrebbe in un immutato essere sempre sottomesse al maschile che comanda in casa, sia esso padre, marito, fratello. Camille Schmoll, storia dopo storia, sfalda la narrazione che del femminile si è soliti ascoltare o leggere, e fa emergere un’etnografia delle sopravvissute.