Alle guerre africane viene dedicato un capitolo per delineare l’espandersi della presenta politico-militare di Mosca in Africa. Il focus del libro è fornire una lettura delle ragioni geopolitiche e dei contesti che hanno portato la Russia ad aprire il conflitto in Ucraìna. Una guerra che ci riguarda direttamente, come europei, e che è il caso di non sottovalutare.
«Questo l’abbaglio dell’Occidente post-Guerra fredda: credere che tutto si possa risolvere con il mercato. Aver pensato di dover trattare Mosca solo con il commercio è stato un inganno che ha umiliato i russi aldilà delle percezioni stesse dell’Occidente». E si cerca di individuare una possibile via d’uscita: un compito che spetta prima di tutto alla politica.
«Il cosiddetto piano italiano di pace, presentato all’Onu lo scorso maggio prevede di attuare tregue anche parziali, giustificate dalle necessità umanitarie. (…) Sostenere che non sia il tempo del dialogo è fuorviante: è sempre il tempo del negoziato, soprattutto confidenziale e certo non a favore di telecamera».
L’autore, già docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università per stranieri di Perugia, membro della Comunità di Sant’Egidio (responsabile delle relazioni internazionali dal 1998 al 2013) e viceministro degli esteri dal 2013 al 2018, invita a riflettere su un punto: «La guerra ha una sua logica interna che nessuno, nemmeno Putin, può controllare. (…) Chi la inizia non è detto che sappia come concluderla…».