Immigrazione: un volto stabile nonostante i muri - Nigrizia
Migrazioni
Dossier statistico 2022 / La fotografia della popolazione straniera in Italia
Immigrazione: un volto stabile nonostante i muri
In contemporanea nazionale, in diverse città italiane, è stato presentato oggi il Dossier statistico immigrazione. Nonostante il nord del mondo sia la “più grande comunità recintata del pianeta”, le migrazioni continuano e la popolazione di origine straniera si stabilizza sempre più, rappresentando il volto giovane e dinamico della società
27 Ottobre 2022
Articolo di Jessica Cugini
Tempo di lettura 6 minuti

Viviamo, noi nord nel mondo, nella “più grande comunità recintata del pianeta”. A separarci non sono tanto i monti o i mari, quanto i muri, le barriere terrestri, gli sbarramenti marini, i respingimenti, le varie leggi nazionali. Noi, il 17,3% della popolazione mondiale, quasi 1,4 miliardi di persone tra i 7,9 miliardi di abitanti della terra, cerchiamo in tutti i modi di blindarci. Senza tener conto di un dato strutturale della storia di ogni continente, piccolo o grande che sia: siamo migranti noi stessi.

Secondo il Dossier statistico immigrazione, realizzato come ogni anno dal Centro studi e ricerche Idos, in collaborazione con Confronti e l’Istituto studi politici S. Pio V, e presentato in contemporanea in varie città d’Italia, nel mondo le persone migranti ammontano a 281 milioni. Rappresentano una persona ogni 30.

I migranti forzati, compresi gli sfollati interni, alla fine dello scorso anno erano 89,3 milioni. Ma i dati più recenti, aggiornati a maggio, dopo il mese di febbraio in cui è iniziata la guerra in Ucraìna e la successiva fuga di parte della popolazione (14 milioni di persone, a fine settembre), raccontano che siamo già oltre 100 milioni.

Per comprendere quel che sta accadendo occorre tener conto delle 3C: conflitti, clima e Covid. Tre fattori determinanti rispetto al tema migratorio nel 2021. Anno in cui si contavano 32 conflitti nel mondo, 17 ad alta intensità; in cui i disastri meteorologici estremi hanno continuato a colpire soprattutto i paesi poveri e le persone povere che vivono in stati ricchi, contribuendo, insieme alla prima C dei conflitti, a incrementare le crisi alimentari.

 In Europa porte chiuse ai non ucraìni

In un continente sempre più vecchio, che rischia di collassare senza il contributo demografico ed economico della popolazione straniera, che ammonta a 37,4 milioni di persone. Tra queste, quelle di origine comunitaria sono 13,7 milioni. Complessivamente, la popolazione straniera rappresenta in Europa l’8,4% della popolazione residente che per lo più, per il 70%, risiede tra Germania, Spagna, Francia e Italia.

Lo scorso anno i 3,5 milioni tra rifugiati e richiedenti rappresentavano nel continente europeo lo 0,8% della popolazione. Una realtà, quella dell’immigrazione irregolare che è tornata a crescere dopo la pandemia, soprattutto nelle rotte del Mediterraneo centrale e Balcani occidentali. A dirlo è la crescita delle domande di asilo, aumentate del 33,8% lo scorso anno rispetto al 2020 (632.655 nel 2021).

A crescere nel 2021 è stato anche il numero delle domande dei minorenni che rappresentano il 29% delle domande totali, 183.720. Una domanda su tre in Europa riguarda persone under 18, per oltre 23mila casi si tratta di minori non accompagnati.

Fra le oltre 524mila domande esaminate, il 38% ha avuto un esito positivo già in primo grado. Con un tasso che varia molto da paese a paese, andando dall’84,6% dell’Irlanda all’8,6% della Slovenia. Tra le oltre 207mila che hanno presentato ricorso, hanno ricevuto esito positivo il 34,8%. Il 72,8%, dunque, in totale.

Numeri elevati sono poi quelli che riguardano il trasferimento della domanda ad altro stato, secondo il Trattato di Dublino e il paese di primo approdo, e quelli che interessano richiedenti che ripresentano istanza di protezione.

Un discorso a parte va fatto per i rifugiati ucraìni che hanno potuto beneficiare per la prima volta della direttiva europea del 2001 che garantisce protezione temporanea a chi scappa dalle guerre. Una misura mai adottata prima, neanche per siriani o afghani, che ha permesso alle persone di origine ucraìna di lasciare il paese, senza comprendere i circa 5 milioni di stranieri presenti nel territorio. Una protezione che ha consentito di bypassare il regolamento di Dublino, mettendo in luce come l’Europa se vuole può accogliere.

Italia: un volto sempre più giovane e residente

Una buona parte del dossier si sofferma sulla presenza in Italia della popolazione straniera residente che rappresenta quasi il 9% della popolazione complessiva, quasi 5 milioni e 200mila persone. Per quasi la metà, il 47,6%, si tratta di europei, per lo più comunitari. Tra le 198 nazionalità presenti, i più numerosi sono romeni, albanesi, marocchini, cinesi e ucraìni.

La componente femminile, con il suo 51,2%, è prevalente. Così come quella giovanile: l’età media degli stranieri è di 34,8 anni, 12 in meno rispetto alla media italiana che sale a 46,5 anni; mentre gli ultra 60enni rappresentano circa il 9%.

Persone che sempre più spesso possiedono il permesso di lungo soggiorno e risiedono in Italia da oltre dieci anni ma che, proprio per i proibitivi requisiti di accesso alla regolarizzazione, rimangono fuori dalla possibilità di accedere ai sostegni sociali che lo stato mette in atto. Così avviene che su un totale nazionale di 5,6 milioni di persone in povertà assoluta (il 7,2% della popolazione italiana), 1,6 milioni, circa un terzo dunque, sono stranieri.

Ben tre persone di origine non italiana su dieci vivono in stato di povertà assoluta e, proprio per forme di discriminazione istituzionale, non riescono ad avere accesso alle politiche sociali che vengono attivate per queste categorie di fragilità economica. Un esempio concreto è stato il reddito di cittadinanza che ha visto, tra gli oltre 2milioni e 460mila beneficiari, poter arrivare a quel sostegno poco più di 306mila persone straniere.

Come accade tra gli italiani, ancora più tra gli stranieri che spesso svolgono lavori sottopagati, irregolari e temporanei, il fatto di lavorare non è sufficiente a emergere dallo stato di povertà. Nel 2021 la popolazione straniera residente rappresentava il 10% delle persone occupate in Italia, 2milioni e 257mila. Un’occupazione risalita nel 2021 del 2,4% e che è comunque rimasta più bassa rispetto ai dati del 2019.

Un lavoro, quello straniero, condizionato non solo dalla vulnerabilità, ma anche dalla ghettizzazione in alcuni ruoli. Pochi e invariati i comparti in cui le persone straniere vengono occupate. In 4 casi su 10 gli uomini lavorano nell’industria o nell’edilizia e le donne nei servizi domestici o di cura. Più di 6 lavoratori su 10 sono impiegati in professioni non qualificate o operaie, come manovali, braccianti, facchini, trasportatori. Solo uno su 13 ha un’occupazione qualificata.

Un terzo delle lavoratrici e lavoratori di origine non italiana è sovraistruito rispetto alla mansione che ricopre. Lavora per lo più in part-time involontari e con contratti a termine. Svolgendo spesso attività per lo più manuali, subisce mediamente più infortuni: tra le oltre 564mila denunce presentate lo scorso anno oltre 102mila hanno riguardato persone straniere.

 

 

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