La Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, lunedì 28 novembre – in base a informazioni credibili – ha denunciato che «se il governo del paese è seriamente intenzionato ad affrontare la violenza sessuale, deve immediatamente rimuovere dall’incarico e indagare su governatori e commissari di contea che sono credibilmente sospettati di complicità in stupri sistematici».
Dito puntato, in particolare, su un commissario di un distretto dell’Unity State, territorio ricco di petrolio, accusato di aver orchestrato, in un campo militare, stupri di gruppo contro giovani donne e altre violazioni di diritti umani.
Esperti dell’Onu hanno pertanto sollecitato le autorità del paese a investigare la vicenda ed eventualmente prendere le misure necessarie. Gli abusi documentati riguardano anche decapitazioni, vittime degli stupri costrette a trasportare le teste mozzate, persone arse vive e giorni di brutali violenze sessuali.
Barney Afako, membro della Commissione, ha dichiarato tra l’altro: «Le violenze perpetrate sono diventate così sistematiche anche perché basate sull’assoluto clima di impunità presente per chi viola i diritti umani».
Peraltro, gli investigatori affermano che gli abusi sessuali vengono usati come arma di guerra da tutte le parti in conflitto nel paese. Numerosi testimoni hanno dichiarato che nello Unity State è stato l’ufficiale statale stesso a pianificare e ordinare le azioni violente condotte dal suo principale subalterno in aree diverse dello stato.
In risposta alle presunte violazioni ha risposto Michael Makuei, ministro dell’informazione e portavoce del governo sudsudanese, che ha totalmente negato come false le dichiarazioni degli operatori dell’Onu. «Costoro vengono in Sud Sudan e dagli hotel di Juba redigono questi falsi rapporti sul paese creando problemi al governo per guadagnarsi da vivere», ha dichiarato il ministro.
La Commissione, comunque, ha sostenuto che le prevaricazioni denunciate riguardano tutte le componenti politiche. Un governatore dell’opposizione nello Stato dell’Equatoria, ad esempio – secondo gli esperti dell’Onu – ha conquistato la sua posizione pur essendosi reso responsabile nel 2018 del rapimento, stupro, tortura e schiavitù sessuale di oltre 400 donne e ragazze. Lam Paul Gabriel, portavoce militare del SPLM/A-IO (Sudan People’s Liberation Movement/Army in Opposition) di Riak Machar, ha replicato dal canto suo che non ha avuto assolutamente nessun ruolo in merito ai crimini avvenuti.