Secondo un rapporto redatto dalle Nazioni Unite nella ricorrenza annuale (1° dicembre) della Giornata contro l’aids, le nazioni africane non possono sperare di raggiungere l’obiettivo globale di eliminare entro il 2030 la diffusione del virus e il numero di persone che muoiono a causa dell’hiv-aids.
Il rapporto denuncia che a ostacolare maggiormente il raggiungimento dell’obiettivo contribuiscono la discriminazione di trattamento tra uomini e donne nella cura della malattia e le leggi punitive poste in atto.
Il report sottolinea l’importanza di garantire che il 90% di chi è affetto dal virus sia reso consapevole del proprio stato; garantire inoltre che il 90% di chi è affetto dalla malattia abbia modo di essere curato e che il 90% di chi assume le medicine antiretrovirali ottenga un livello di trattamento per cui il virus scompaia, così da prevenire ogni altra possibile trasmissione.
5mila infette in più ogni settimana
Nell’Africa subsahariana, secondo il rapporto, giovani donne e ragazze tra i 15 e i 24 anni sono tre volte più esposte degli uomini al rischio di essere colpite dal virus. La popolazione femminile, infatti, vede crescere di 5mila unità ogni settimana il numero di chi si infetta.
«I paesi africani devono provvedere a offrire servizi legati a prevenire il virus nei diversi contesti di vita delle donne. Questo prestando attenzione contemporaneamente a soddisfare le necessità di donne e ragazze nei vari contesti di vita, nel servizio per una sana riproduzione sessuale, contro la violenza di genere e nella cura dell’aids stesso», ha dichiarato Winnie Byanyima, direttrice esecutiva dell’agenzia dell’Onu per l’Aids (UNAids).
Byanyima, inoltre, ha invitato i governi che le pongono in atto, a cancellare le leggi che sanzionano chi è esposto a maggiore rischio di contrarre la malattia: «Le leggi punitive – ha sostenuto – impediscono la facilitazione di accesso al servizio offerto per eliminare l’hiv-aids e contribuiscono ad aumentare il rischio che si propaghi. Tra queste leggi dannose vanno segnalate la criminalizzazione dei rapporti tra persone dello stesso sesso, le persone transessuali, il nascondere lo stato di infezione e trasmissione dello stesso, il possesso e uso di droghe e attività sessuale».
Negli ultimi cinque anni, secondo i dati dell’UNAids, i paesi in cui vengono criminalizzati i portatori del virus o chi rischia di contrarlo ha visto calare, rispetto ai paesi che non criminalizzano, la percentuale di chi si sottopone a esame e di chi necessita del trattamento contro la malattia.