Una legge per limitare il ruolo dell’Europa nella deforestazione globale. Per ora si tratta di un accordo provvisorio. Accordo storico – come qualcuno lo ha definito – e finalmente raggiunto il 6 dicembre scorso tra il parlamento e il consiglio europeo. Si tratta in sostanza di un regolamento che mira a realizzare filiere “a deforestazione zero”.
Una volta adottata e applicata, la nuova legge garantirà che i prodotti immessi sul mercato europeo (e sugli scaffali dei nostri supermercati) non contribuiscono alla deforestazione e al degrado forestale. Prodotti come l’olio di palma, per esempio, ma soprattutto la gomma che era stata omessa dal progetto di legge originale ma che ora è rientrata nella lista dei prodotti da controllare.
Su questo ha giocato un ruolo il lavoro di Global Witness che in un’inchiesta di qualche mese fa svelava quanto lo sfruttamento della gomma rappresentasse la più grande minaccia alle foreste dell’Africa occidentale e centrale.
Solo nel 2020 il valore delle importazioni dell’Unione europea della gomma era stato pari a 503 milioni di dollari. Quasi tredici volte di più di quello dell’olio di palma. Il lavoro aveva anche mostrato – dati alla mano – che quasi tutte le piantagioni di gomma implicavano una massiccia opera di deforestazione.
Piantagioni di proprietà di sole tre grandi multinazionali sostenute da accordi finanziari con banche europee. Ma se finora le lobby – soprattutto dell’industria automobilistica e dei pneumatici – avevano avuto la meglio, oggi questa nuova normativa prevede che anche la produzione ed esportazione della gomma risponda a criteri specifici che riguardano la tutela del territorio.
Il lavoro della ong aveva anche dimostrato come le istituzioni finanziarie con sede nell’Ue avessero concluso accordi per un valore di 30,6 miliardi di euro con 20 aziende agroalimentari accusate di deforestazione tra il 2016 e il 2020.
Secondo i termini della nuova legge, la commissione europea ha l’obbligo ora di esaminare il ruolo delle banche e degli investitori che incidono sulla deforestazione e fare in modo che si muovano nei termini del rispetto dell’ambiente.
Secondo i tecnici dell’Unione europea la nuova normativa contribuirà a fermare una quota significativa della deforestazione globale riducendo quindi le emissioni di gas a effetto serra e la perdita di biodiversità. E non è forse un caso che questo accordo arrivi mentre è in atto la Conferenza Onu sulla biodiversità (Cop 15), che dovrebbe definire gli obiettivi di protezione della natura per i prossimi decenni.
Ma quali sono i prodotti che saranno soggetti ad un rigoroso controllo e tracciabilità una volta che la legge sarà implementata? Questo l’elenco principale: olio di palma, bovini, soia, caffè, cacao, legname e gomma, nonché prodotti derivati (come la carne, mobili o cioccolato).
Tutti scelti e catalogati proprio per l’impatto che finora hanno avuto e potrebbero continuare ad avere sull’espansione agricola – visto l’alto livello di consumo – e, di conseguenza, sull’abbattimento delle foreste.
Il nuovo regolamento stabilisce rigide regole per le aziende che vogliono immettere determinati prodotti sul mercato dell’Ue o esportarli. Bisognerà dimostrare che i prodotti siano deforestation-free (cioè provengano da terreni che non sono stati soggetti a deforestazione dopo il 31 dicembre 2020) e legali (conformi a tutte le leggi applicabili in vigore nel paese di produzione).
Le aziende saranno inoltre tenute a raccogliere informazioni geografiche precise sui terreni agricoli in cui sono stati coltivati i prodotti di cui si riforniscono, in modo che questi possano essere controllati per verificarne la conformità. Gli stati membri, dal canto loro, dovranno garantire che il mancato rispetto delle norme comporti sanzioni effettive e dissuasive.
Bisognerà poi vedere quanto la promessa di attenzione alla situazione delle comunità locali e delle popolazioni indigene sarà mantenuta. Per l’entrata in vigore delle nuove norme si attende ora che il parlamento europeo e il consiglio adottino il nuovo regolamento.
Davvero un passo avanti verso un tipo di produzione equa e responsabile? Si vedrà. Nel frattempo rispolveriamo alcuni dati: la Fao (Organizzazione Onu per l’alimentazione e l’agricoltura) stima che tra il 1990 e il 2020 a causa della deforestazione il pianeta abbia perso 420 milioni di ettari di foresta, un’area più grande dell’Unione europea.
Dal canto suo, il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Ipcc) stima che il 23% delle emissioni totali di gas serra di origine antropica (anni di riferimento 2007-2016) provenga dall’agricoltura, dalla silvicoltura e da altri usi del suolo.
Insomma, tutto si lega. Andare in iperproduzione per accontentare la finanza, la crescita economica e garantire grandi consumi, vuol dire spesso mettere in atto azioni di sfruttamento che la terra – e i popoli che ci vivono – non hanno più la forza di sostenere.
Se non ci arriva il buon senso bisogna affidarsi a regole scritte. Che speriamo vengano implementate e soprattutto che la loro applicazione sia controllata.