Dal 2013 almeno 10mila gravidanze di donne e ragazze nigeriane sono state forzatamente interrotte seguendo le direttive di un programma militare segreto. Mentre vengono a galla notizie di uccisioni di bambini da parte dell’esercito nigeriano. Bambini considerati “figli di Boko Haram” e per questo da eliminare prima che anche loro costituiscano una minaccia alla sicurezza. Andiamo con ordine.
È una bomba il reportage pubblicato pochi giorni fa dalla Reuters che avvalora le informazioni circa aborti forzati, con una lunga serie di interviste e testimonianze dirette. Nightmare in Nigeria (Incubo in Nigeria) è il titolo del lungo lavoro che include anche il report sul presunto massacro di bambini.
Gli aborti forzati sarebbero stati gestiti dai militari del nord-est del paese, negli stati di Yobe, Borno e Adamawa, su donne e ragazze, molte delle quali precedentemente rapite e violentate da membri del gruppo terrorista Boko Haram.
Un programma sistematico di aborti illegali senza consenso. Anzi, chi provava a ribellarsi veniva picchiata. E anche il silenzio veniva assicurato con botte e minacce. Il programma sarebbe iniziato sotto la presidenza di Goodluck Jonathan (2010-2015) e continuato sotto quella di Muhammadu Buhari, oggi al termine del suo secondo mandato.
La documentazione raccolta da Reuters include 33 interviste a donne su cui è stato effettuato l’aborto, 5 operatori sanitari e alcuni membri del personale di sicurezza, inclusi soldati ed esponenti governativi coinvolti nel programma segreto.
Non si è fatta attendere la smentita del governo nigeriano, affidata al ministro dell’informazione, Lai Mohammed. «Il governo federale – ha detto Mohammed nel discorso di apertura di un evento pubblico ad Abuja – afferma categoricamente che non esiste un ‘programma di aborto segreto, sistematico e illegale’ gestito dai nostri militari nel nord-est o in qualsiasi parte del paese».
A respingere le accuse anche gli stessi militari chiamati in causa, che hanno definito il rapporto come “un insieme di insulti ai popoli e alla cultura nigeriani”.
Secondo l’agenzia di stampa britannica, la maggior parte degli aborti sarebbero stati effettuati senza il consenso della donna e alcuni condotti a loro insaputa, attraverso pillole o iniezioni che inducono l’aborto ma spacciando i medicinali somministrati per una cura per migliorare la salute.
«Disinfettare la società»
È da 13 anni che donne e ragazze sono intrappolate nel conflitto nel nord-est della Nigeria tra il governo federale e i movimenti jihadisti. Un tempo lunghissimo, in cui sono morte almeno 300mila persone, alcune a causa della violenza, molte di più per fame e malattie, secondo quanto denunciato dalle Nazioni Unite e organizzazioni per i diritti umani. Quell’area del paese, un tempo nota come il granaio della nazione, ora è solo devastazione, fame e sfollati. Una delle peggiori crisi umanitarie del mondo.
Al centro del programma di aborto – ricorda il lavoro della Reuters – c’è un’idea ampiamente diffusa tra i militari e tra alcuni civili nel nord-est: quella cioè che i figli degli insorti siano predestinati a prendere le armi contro il governo e la società nigeriani.
Quello che si intende fare, dunque, «è disinfettare la società». Così si espresso un operatore sanitario che ha riconosciuto di aver praticato aborti su ordine dell’esercito. Soldati che hanno accettato di parlare, hanno detto che gli ordini provenivano dai diretti superiori.
L’aborto è comunque ampiamente disapprovato in Nigeria, sia nel sud cristiano che nel nord a maggioranza musulmana. È anche illegale, se non per salvare la vita della madre. Nel nord, qualsiasi persona ritenuta colpevole di aver partecipato a un aborto, compresa la donna, può essere accusata di un crimine e condannata fino a 14 anni di carcere.
Anche causare la morte di una donna eseguendo un aborto senza il suo consenso negli stati nel nord del paese è punibile con l’ergastolo. Gli aborti forzati – si legge ancora nel reportage – possono anche violare il codice di condotta dell’esercito nigeriano. La versione più recente, e che comunque risale al 1967, afferma che “in nessun caso le donne incinte dovrebbero essere maltrattate o uccise”.
Sebbene gli aborti forzati non siano specificamente criminalizzati ai sensi dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, hanno affermato gli esperti, potrebbero essere interpretati come torture o altri trattamenti disumani ed essere perseguiti come tali e come crimini di guerra e contro l’umanità.
Non esistono numeri precisi di quante persone siano state rapite dagli insorti o che siano riuscite a scappare. Nel febbraio 2021, il governo nigeriano ha pubblicato un rapporto in cui si comunicava la liberazione di decine di migliaia di ostaggi. Il Comitato internazionale della Croce Rossa ad agosto aveva fatto sapere di aver registrato più di 25mila persone disperse in Nigeria, quasi tutte a causa della guerra nel nord-est. Ma aveva anche aggiunto che tale cifra era “solo la punta dell’iceberg”.
Per molte donne la liberazione dalla prigionia non significa salvezza. Anche dopo essere state liberate, vivono tra il sospetto e la paura. E spesso sia i militari sia le stesse comunità ritengono che siano state “contaminate” dai terroristi che le hanno rapite e che siano altrettanto pericolose, tanto più se tornano incinte o portano con sé bambini che vengono considerati i terroristi di domani.
Seppure sollecitati dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres a indagare sulle accuse, le autorità nigeriane hanno fatto sapere che non ci sarà nessuna indagine “poiché le accuse sono false”.
“Cancellare” i bambini
Ma a questo report ne è seguito un altro, in cui viene messo in luce un altro aspetto di questo conflitto, aspetto assai duro e inquietante: l’uccisione di bambini da parte dell’esercito nigeriano nel corso delle sue operazioni contro gli insorti islamisti. “Uccisioni intenzionali di bambini – si legge nel reportage – si sono verificate con sempre maggiore frequenza in tutta la regione. Più di 40 fonti hanno affermato di aver visto militari uccidere bambini o di aver visto i cadaveri di bambini abbandonati su strade e in villaggi dopo operazioni militari”.
Le fonti di cui parla l’agenzia di stampa sono spesso gli stessi genitori dei bambini, ma anche altri testimoni, sia civili sia soldati, che hanno affermato di aver partecipato a dozzine di operazioni militari “in cui sono stati massacrati bambini”. Impossibile fornire numeri ma secondo le stime si parla di migliaia di bambini uccisi. Nel reportage vengono indagati sei casi specifici e, sulla base di resoconti di testimoni oculari, si afferma che almeno 60 bambini siano stati uccisi in quegli episodi, il più recente nel febbraio 2021.
I giornalisti che hanno lavorato al reportage hanno raccolto testimonianze e dichiarazioni di soldati e guardie armate impiegate dal governo. Tutti hanno affermato che i comandanti dell’esercito hanno ripetutamente ordinato loro di “cancellare” i bambini, presunti collaboratori dei militanti di Boko Haram e “che hanno ereditato il sangue contaminato dei padri ribelli”.
Anche in questo caso, è arrivata la smentita. Stavolta dello stesso apparato militare che ha parlato – a proposito del lavoro della Returers – di “insulto ai nigeriani” e di un modo, da parte di elementi stranieri al paese, di minare la lotta interna contro il terrorismo jihadista.