Kais Saied, professore di diritto costituzionale in pensione, senza appartenenza politica, né evidenti appoggi finanziari, rappresenta una rottura radicale con la classe politica post-rivoluzione. Anti-sistema e dalle posizioni culturali ultra conservative, ha raccolto le preferenze di una gioventù in opposizione ai corpi intermedi e dei partiti conservatori come Ennahda.
Quest’uomo austero ha vinto con il 72,7% il ballottaggio del 13 ottobre 2019 contro l’imprenditore Nabil Karoui. Già nel suo discorso d’insediamento lasciava trasparire un’avversione alla democrazia rappresentativa. In quell’occasione, il neopresidente dichiarava di voler spostare dal 14 gennaio al 17 dicembre il giorno della celebrazione della rivoluzione. La seconda data, infatti, è il giorno in cui sono iniziate le rivolte del 2010, che portarono alla caduta di Ben Ali. La prima, invece, con la caduta di Ben Ali rappresenta per Saied l’inizio della transizione democratica intrapresa dai partiti.
Il professore di diritto – candidato dell’antisistema, del cambiamento radicale e del rinnovamento del potere – riporta in auge la vecchia accusa ai partiti di aver ingabbiato l’impeto rivoluzionario nelle maglie della democrazia rappresentativa.
Coerentemente con questo pensiero si articola poi la sua pratica politica: sin dall’inizio il presidente rifiuta ogni dialogo diretto con il parlamento. Perfino durante le crisi di governo degli ultimi due anni, sebbene avesse avuto l’obbligo di consultare le forze partitiche per proporre un nuovo candidato premier, Saied ha sempre imposto un proprio candidato senza alcuna trattativa. La strategia era chiara: garantire la partecipazione del Palazzo di Cartagine (sede della presidenza) alla gestione del potere, sigillando un’alleanza presidenza-governo a discapito di un’Assemblea parlamentare occupata da Ennahda.
Sarà proprio il rovesciamento di quest’alleanza a trasformare le tensioni politiche in aperte opposizioni. Allineandosi con i due partiti di maggioranza in parlamento, Hichem Mechichi – primo ministro proposto dallo stesso Saied – sposta l’esecutivo dalla parte dell’Assemblea. L’apice della tensione si raggiunge nel gennaio 2021, quando un rimpasto ministeriale esclude dalla nuova formazione di governo i fedeli al presidente. Saied si rifiuta di investire ufficialmente i nuovi ministri inaugurando una fase di opposizione aperta con il presidente del parlamento, Rashid Ghannouchi e il premier Mechichi.
Senza più dialogo con gli oppositori, Saied moltiplica i suoi discorsi pubblici, rivolgendosi direttamente al popolo con espressioni severe e offensive rivolte agli avversari. La crisi sanitaria funge da catalizzatore: con il sistema sanitario al collasso, il presidente si accaparra i meriti dell’approvvigionamento di vaccini e ossigeno dalla comunità internazionale, giocando il ruolo di capo della diplomazia.
Allo stesso tempo il governo di Mechichi si dimostra in più occasioni incapace di gestire la crisi sanitaria. Con i decessi in repentino aumento, una campagna vaccinale disastrosa e l’Assemblea bloccata da diatribe partitiche, la sera del 25 luglio 2021 Kais Saied annuncia l’attivazione dell’art.80 della Costituzione del 2014, che recita: “In caso di pericolo imminente e di minaccia per l’integrità dello stato […], il presidente della repubblica è autorizzato a prendere misure eccezionali”, senza però specificare quali.
L’impasse istituzionale del 2021
La pratica politica di Saied ha attivamente contribuito all’impasse istituzionale del 2021: l’opposizione all’Assemblea non è frutto di contingenze politiche, ma appartiene a un impianto ideologico contrario alle istituzioni rappresentative. Tra le figure che hanno alimentato in questi anni questa corrente di pensiero spicca Ridha El-Mekki, ex militante della sinistra radicale, con il quale Saied propone da tempo sistemi alternativi all’impianto costituzionale post 2014. È proprio del presidente l’idea di un modello di costruzione politica a “piramide rovesciata” dove prevale la volontà del popolo.
«Il popolo vuole e io so cosa (vuole)», è tra le frasi più care a Saied e che svela come lui stesso si reputi depositario e garante della volontà popolare, legittimato dall’elezione diretta e da un sistema partitico in piena crisi di legittimità.
Secondo il politologo Mohamed Sahbi Khalfaoui, «Kais Saied non è populista, è un manuale di populismo». Conservatore, antisistema e sovranista, per il sociologo Mouldi Gassoumi il presidente ha goduto del supporto di movimenti e folle eterogenee grazie all’esprimere concetti vuoti ma fatti propri da fazioni diverse e deluse dagli esiti della rivoluzione.
Ma a più di un anno dal 25 luglio 2021, data di sospensione dei lavori dell’Assemblea, il supporto popolare del presidente si è eroso e le opposizioni di giuristi, sindacati e associazioni civili sono diventate più frontali. La concentrazione di tutti i poteri dello stato nelle mani di una sola persona e l’assenza di garanzie istituzionali rende l’esercizio del potere imprevedibile. La repressione, che negli ultimi mesi ha colpito studenti e attivisti, insieme alla centralità assunta dalle forze armate fanno riemergere lo spettro di vecchi metodi di governo e aprono spazio all’ipotesi, sempre più concreta, della deriva autoritaria.
L’articolo è stato originariamente pubblicato nel numero di dicembre 2022 della rivista di Nigrizia.