L’attenzione è fissata sul 25 febbraio prossimo, quando la Nigeria, il paese più popoloso dell’Africa (quasi 214 milioni di abitanti, 93,5 milioni dei quali iscritti al voto) andrà alle urne. In programma le elezioni presidenziali e dell’Assemblea nazionale (Nigrizia ha dedicato al paese un lungo dossier nel numero di febbraio).
Nelle ultime settimane si sono moltiplicati gli sforzi (e i viaggi) dei rappresentanti di 18 partiti politici che si contenderanno il voto e che stanno attraversando i 36 stati che compongono il paese e quell’area importantissima che è il Federal Capital Territory dove ha sede la capitale, Abuja.
Ma più che i tour elettorali a fare la differenza sarà il grado di frustrazione che ha raggiunto la popolazione, alle prese con problemi specifici – alcuni cronici ma intensificatisi nelle ultime settimane, come i tagli all’energia elettrica – e carenze a cui il nuovo governo sarà chiamato a rispondere. Peccato che la storia abbia trasmesso anche un profondo senso di sfiducia nei cittadini (e nell’elettorato).
E alla questione insicurezza, una delle più pressanti per il paese – pensiamo solo ai costanti attacchi, ormai dal 2011, del gruppo islamista Boko Haram – se ne sono aggiunte due in particolare: la carenza di benzina e l’introduzione di nuove banconote.
A secco di carburante
È ormai dallo scorso novembre che le lunghe code alle stazioni di rifornimento sono diventate un’immagine abituale. La principale associazione che riunisce i commercianti di petrolio nel paese, la Moman, attribuisce la persistente scarsità di carburante agli alti costi di trasporto di navi e camion che risulterebbero anche “inadeguati per consegnare i prodotti petroliferi dai depositi alle stazioni di servizio”.
Sarebbero i costi legati alla logistica, dunque, ma anche il cambio valuta, a mettere sotto pressione la catena di distribuzione. Questo non solo sta provocando la difficoltà enorme di approvvigionamento, ma anche un aumento indiscriminato del costo della benzina. E qui c’è un piccolo giallo.
L’incremento sarebbe stato approvato dallo stesso governo e dal presidente uscente Muhammadu Buhari che – lamenta anche la stampa locale – evitando una corretta e chiara comunicazione mediatica, avrebbe approvato nei giorni scorsi un aumento a 185 naira al litro (40 centesimi di dollaro).
Decisione rivelata dai media ma smentita nelle stesse ore dal ministro delle risorse petrolifere, Timipre Sylva, che ha parlato di “manovre dirette a screditare il capo dello Stato”. Fatto sta che con stazioni di servizio che sono arrivate anche a 200 naira al litro, sembra sia in atto un vera e propria anarchia nel settore.
Altra motivazione che starebbe dietro la mancanza di carburante è, afferma il governo, il traffico illegale transfrontaliero. Un’attività in corso praticamente da sempre e a cui non si è mai riusciti a porre rimedio.
Anche perché il commercio di petrolio dalla Nigeria, attraversando paesi confinanti come ad esempio il Benin (dove il petrolio contrabbandato dalla Nigeria copre circa l’80% del fabbisogno locale) o il Camerun, e utilizzando soprattutto le rotte fluviali, dà da vivere a centinaia e centinaia di persone ed è diventata un’attività assai lucrosa.
La risposta di Buhari ad un problema decennale è stata la costituzione di un Comitato direttivo, composto da 14 esperti, che controlli la gestione della fornitura e della distribuzione dei prodotti petroliferi e che trovi una soluzione duratura alle interruzioni del servizio, dovute, come in questi mesi, alla scarsità di tali prodotti.
Va ricordato che la Nigeria è il primo nella lista dei paesi coinvolti nel contrabbando di petrolio, attività che – secondo alcuni studi – vede implicati anche organi dello Stato. Si stima che il paese perda 1,5 miliardi di dollari al mese a causa di queste attività illegali.
Ci sarebbe bisogno di 54 milioni di litri di benzina al giorno non solo per uso privato ma soprattutto per le attività industriali. Tuttavia, secondo i dati (2020) della Nigerian National Petroleum Corporation (Nnpc), solo circa 45 milioni di litri circolano all’interno del paese, mentre almeno 7 milioni vengono contrabbandati ogni giorno verso i paesi vicini.
Una situazione che negli anni si è semplicemente strutturata come un’attività illecita organizzata a livello industriale.
Banconote fantasma
Altro grosso problema che sta affliggendo i nigeriani in queste settimane di massiccia campagna elettorale, è la difficoltà di… trovare denaro. Lo scorso novembre il governo aveva lanciato le nuove banconote, nel tentativo di combattere la contraffazione e con questa il finanziamento dei gruppi terroristici di matrice jihadista operanti nel paese.
Va però sottolineato lo scetticismo con cui molti hanno accolto tale decisione, facendo notare il grado di corruzione delle istituzioni locali che non sarà certo combattuto sostituendo le banconote. Ha fatto clamore, ad esempio, il recente caso di Ahmed Idris, capo del tesoro, arrestato per presunto coinvolgimento in frode e riciclaggio di denaro per un valore di 80 miliardi di naira (184 milioni di euro).
Mentre secondo il governatore della Banca Centrale della Nigeria (Cbn), Godwin Emefiele, oltre l’80% dei 3,2 trilioni di naira (7,2 miliardi di dollari) in circolazione in Nigeria sono fuori dai caveau delle banche commerciali. Sono in mani private.
Comunque, la sostituzione decisa dal governo e attuata dalla Banca Centrale riguarda le banconote da 200 (43 centesimi di dollaro), 500 (1,10 dollari) e 1.000 naira (2,16 dollari). Banconote ridisegnate e prodotte dalla Nigeria Security Printing and Minting con nuove caratteristiche di sicurezza.
Peccato che oggi quelle banconote non si trovino. La vecchia valuta è scaduta il 31 gennaio, termine ultimo per i cittadini di operare una sostituzione negli istituti bancari. Motivo per cui il presidente Buhari si è visto costretto ad una proroga al 10 febbraio mentre la scadenza per il deposito delle vecchie banconote sarebbe il 17 febbraio.
In questi giorni molti bancomat nelle principali città nigeriane sono stati chiusi perché non hanno abbastanza banconote da erogare. Situazione aggravata dal fatto che mercati e commercianti hanno iniziato a rifiutare le vecchie banconote.
Pare che, su richiesta della Banca Centrale, le banche commerciali e altri istituti finanziari abbiano iniziato a lavorare nei fine settimana per accettare depositi di vecchie banconote. Mentre alcune banche stanno ancora erogando banconote di vecchio corso – contrariamente alle istruzioni della Cbn – spiegando che non hanno abbastanza di quelle nuove da dare ai clienti.
Insomma, lo sprint finale dei candidati verso il voto del 25 febbraio sta incontrando la rabbia e la frustrazione dei nigeriani che non sono affatto convinti che altri nomi e altri volti risolveranno (almeno nell’immediato) i loro problemi e quelli del paese.