Release International, organizzazione con sede nel Regno Unito che sostiene la chiesa perseguitata, denuncia l’arresto di 44 cristiani – 39 donne e 5 uomini -, sequestrati mentre si stavano radunando per pregare nelle loro case. Il gruppo è detenuto dalla fine di gennaio nella prigione di Mai Serwa, alla periferia della capitale Asmara.
Si tratta dell’ultimo episodio della persecuzione del regime contro i cristiani. L’organizzazione stima che siano 415 i cristiani detenuti in Eritrea, definita come “una gigantesca prigione”.
Molti cristiani sono trattenuti senza accusa e detenuti a tempo indeterminato. La tortura e la brutalità sono all’ordine del giorno, denuncia Release International. Alcuni sono tenuti in container nel deserto, dove cuociono di giorno e congelano di notte. Molti sono stati in carcere per più di un decennio, solo per essersi radunati in preghiera nelle loro case.
E racconta la testimonianza di Twen Theodros, un’ex detenuta rilasciata dopo 16 anni di carcere nell’ambito di una recente amnistia che ha liberato 200 persone imprigionate sulla base della loro fede. La donna ha descritto le condizioni disumane e le torture subite durante la prigionia, per costringerla a rinunciare alla sua fede.
Il regime di Isaias Afwerki ha chiuso la maggior parte delle chiese nel maggio 2002, mettendo al bando tutte le religioni tranne l’islam sunnita, la Chiesa ortodossa eritrea, il cattolicesimo romano e la Chiesa luterana. I cristiani che continuano a pregare in congregazioni vietate sono considerati nemici dello stato.
Ma la persecuzione non risparmia nemmeno la Chiesa cattolica. Dopo la nazionalizzazione forzata, lo scorso anno, di quasi tutti gli istituti di assistenza sanitaria e scolastici, il 15 ottobre scorso anche il vescovo cattolico di Segheneiti, Abune Fikremariam Hagos Tsalim, è stato arrestato e incarcerato senza alcuna accusa assieme ad altri due religiosi. Il vescovo è stato liberato il 28 dicembre insieme a uno dei due padri, mentre dell’altro non si sono avute più notizie.