Non è l’Europa e il suo richiamo da sirena e neanche la leadership politica dei loro paesi. Quello che ha più ascendente sui giovani africani è la cultura pop, la produzione popolare, l’emergente panorama artistico fatto di influencer, anche qui, ma che non rispondono a quei cliché sul continente in cui i giovani, appunto, non si riconoscono.
Non a caso a dirlo è un report di Africa No Filter, progetto nato proprio con lo scopo di raccontare un’altra Africa. Liberarla da una narrazione falsa e falsificata che da decenni invia al mondo messaggi conditi di pregiudizi e luoghi comuni. Diffondendo così una percezione dell’Africa non solo non riconosciuta in molti aspetti da chi ci vive ma anche semplicemente non vera.
“Chi influenza chi?” è la domanda del report ed ecco le risposte dei 4.500 africani di età compresa tra i 18 e i 35 anni intervistati in Nigeria, Ghana, Costa d’Avorio, Marocco, Egitto, Uganda, Kenya, Zimbabwe e Sudafrica.
Il 57% di loro ha affermato che è la cultura pop ad avere la maggiore influenza sulle loro vite e il loro modo di pensare. Conservano però grande importanza nell’immaginario (e magari nei modelli di comportamento) della gioventù africana gli Stati Uniti e l’Europa (45%) e poi i politici (31%).
A livello regionale, sono i giovani del Kenya e dello Zimbabwe a sentirsi maggiormente “influenzati” dalla cultura pop (87%), mentre gli intervistati dell’Africa occidentale (65%) percepiscono Stati Uniti ed Europa come più influenti.
È interessante notare che, anche se i politici sono considerati influenti, solo l’11% degli intervistati ha affermato di “essere stato influenzato” da loro. Tranne quando hanno dovuto prendere decisioni di voto (51%).
Narrazioni negative, percezioni positive
Con l’obiettivo di sondare in che modo le narrazioni stereotipate arrivano ai giovani si è chiesto anche quali ritengono essere, nei film, le storie negative dominanti che riguardano il continente.
Il 54% ha affermato che le narrazioni negative più comuni e diffuse riguardano il crimine e la corruzione, seguite da narrazioni ambientate in aree sottosviluppate (41%) e raffiguranti africani non istruiti e ai margini della società (33%). Un modo di raccontare – o un punto di osservazione – che, secondo il 75% degli intervistati ha creato una percezione negativa del continente.
Eppure, questi giovani, guardano dentro, si guardano e, nonostante quello che il mondo possa pensare e credere di sapere, continuano ad amare il proprio paese e il continente (60%) e ad essere certi che i paesi africani – questo in particolare Sudafrica, Nigeria ed Egitto – abbiano un’influenza e un ruolo importante nel panorama globale (73%).
Tecnologia contro gli stereotipi
Ma veniamo più nel dettaglio i risultati delle interviste. Grande influenza sui giovani africani (come del resto accade in tutto il mondo) sembrano averla i social media, che utilizzano per diffondere una nuova narrazione sull’Africa.
Il 71% degli intervistati ritiene di poter sfidare gli stereotipi negativi sul continente grazie ad Internet e alla tecnologia digitale. Con contenuti nuovi, originali, propri. Quasi una sorta di debunking, un lavoro di contraddittorio e di bilanciamento per ribaltare le percezioni e le convinzioni dell’altra parte del mondo.
Emerge, inoltre, l’amore per il proprio paese e il continente: anche se il 45% degli intervistati crede che le proprie percezioni possano di fatto essere state modellate da narrazioni negative, il 60% ama ancora l’Africa e il paese in cui è nato.
Solo il 18% degli intervistati ha detto che preferirebbe vivere negli Stati Uniti o in Europa e solo il 20% ritiene che ci siano meno opportunità nel continente africano che altrove.
A dare poi una serie di imprinting ai giovani – risulta ancora dal report – ci sono la famiglia, gli amici (44%), la religione (74%) e le pratiche culturali delle loro comunità (54%). Il 45% degli intervistati, inoltre, ritiene che i loro coetanei siano fortemente influenzati dagli Stati Uniti e dall’Europa, mentre per loro, al contrario, sono la famiglia e gli amici che hanno avuto la maggiore impatto nella loro vita.
«Conoscere l’opinione dei giovani rappresentata in questo report è un obbligo per qualsiasi organizzazione che lavori con e in Africa, perché svela ciò che influenza il più grande gruppo demografico del continente, i giovani, appunto» ha detto Moky Makura, direttore esecutivo di Africa No Filter.
«Purtroppo – ha aggiunto – anch’essi non sono sfuggiti all’impatto degli stereotipi negativi, ma la buona notizia è che questi non hanno definito le loro percezioni».