La tanto attesa manna della cannabis non è ancora arrivata a Lesotho. Eppure gli ingredienti sembravano esserci tutti. Già nel 2008, il piccolo paese di due milioni di abitanti, un enclave all’interno del Sudafrica, aveva legalizzato per primo in Africa la produzione di cannabis a fini medici e scientifici.
Ne avevamo già parlato di recente su Nigrizia (vedi video qui sotto). Oggi il Guardian fa il punto della situazione, con un reportage dal Lesotho.
Negli ultimi 6 anni sono arrivati gli investimenti di compagnie straniere, tra cui molte canadesi. In poco tempo, Lesotho si è affermato come un hub della coltivazione intensiva. E può vantarsi di essere il primo paese africano a cui l’Unione Europea ha concesso la possibilità di vendere l’oro verde. Uno studio del 2019 dell’Africa Cannabis Report stimava a $92 milioni il valore dell’industria di Lesotho entro il 2023.
Cosa sta andando storto allora? Il problema che si presenta ha le ben note forme di una materia prima prodotta in Africa, comprata e trasformata da compagnie occidentali, e che lascia pochi benefici alla popolazione locale. La legislazione di Lesotho infatti consente la produzione di cannabis solo a fronte dell’ottenimento di una licenza statale. Prezzo: si parte dai 500 mila dollari e si possono superare anche i 2 milioni. Chiaramente fuori portata per le comunità locali.
Queste ultime trovano senz’altro un beneficio dal lavorare per le compagnie straniere attive sul territorio. Inoltre, gli introiti di licenze e tasse rimpinguano le casse statali. Ma i posti di lavoro disponibili sono relativamente pochi e senz’altro insufficienti a fare di Lesotho “uno stato indipendente” grazie alla cannabis, come prevedeva nel 2019 Emmanuel Letete, allora economista al servizio del Ministero dello sviluppo pianificato.
E in più si tratta di lavori scarsamente specializzati: dalla coltivazione in serra, al raccolto e ai servizi (pulizia, trasporto etc). Sono impieghi dai redditi contenuti e con poche opportunità di crescita salariale e professionale, dato che la parte più tecnologicamente avanzata, quella della trasformazione, avviene altrove.
Ma per ora a Lesotho, la richiesta e le discussioni parlamentari non sono centrate sulla questione (tipica in Africa) del riuscire a trasformare le materie prime in loco. Per quello ci vorrebbe molto tempo e una politica industriale non scontata da mettere in atto. Il dibattito verte piuttosto sul fatto che i produttori tradizionali locali non sono autorizzati ad entrare come partner delle compagnie straniere.
Allo stesso tempo, l’uso ricreativo rimane illegale. Il che lascia i produttori locali con le stesse opzioni esistenti prima dell’avvento della pionieristica legislazione statale: venderla ai consumatori di Lesotho e del Sud Africa, nel mercato informale della cannabis.
Il che non fa certo da volano all’economia nazionale. Al massimo, permette ai coltivatori di sbarcare il lunario.