In Tunisia, la stretta repressiva voluta dal presidente Kais Saied continua, al punto che, come sottolineato pubblicamente dal capo della Lega tunisina per i diritti umani Bassem Trifi, non è più possibile parlare di “stato di diritto” nel paese.
Il 21 febbraio le autorità hanno annunciato che porteranno in tribunale il presidente del Sindacato nazionale dei giornalisti, Yassine “Mehdi” Jelassi, accusato, secondo quanto lui stesso ha dichiarato ai media, di istigazione alla disobbedienza e di aggressione nei confronti della polizia durante una protesta contro la nuova Costituzione, lo scorso 18 luglio. Jelassi ha affermato di aver partecipato alla protesta solo per coprirla in qualità di giornalista e che non c’è stato alcuno scontro con le forze dell’ordine.
La notifica della denuncia è arrivata all’indomani di una manifestazione per la libertà di stampa organizzata dal Sindacato dei giornalisti per protestare contro un altro episodio repressivo di questi giorni, l’arresto del direttore della popolare radio privata “Mosaique FM”, Noureddine Boutar, accusato di “complotto contro la sicurezza dello stato”.
Arresti per la crisi economica
Boutar sarebbe, secondo Saied, corresponsabile della crisi economica e della penuria di beni alimentari che da diversi mesi colpisce la Tunisia, insieme ad altre persone coinvolte dalla stessa campagna di arresti, come il leader del partito Ennahdha Noureddine Bhiri e l’avvocato ed ex ministro Lazhar Akermi, che il presidente della Repubblica ha definito in un videomessaggio “terroristi”. Ieri, 22 febbraio, è finito in manette anche il segretario generale del partito Al-Joumhouri (Repubblicano), Issam Chebbi, prelevato a casa sua dalla brigata antiterrorismo.
La stretta non ha risparmiato neppure la segretaria generale della Confederazione europea dei sindacati (Ces), Esther Lynch, espulsa dalla Tunisia sabato scorso, dopo aver partecipato a una manifestazione del sindacato unico tunisino Ugtt. Quest’ultimo denunciava oltre all’aumento del costo della vita, l’arresto, avvenuto a fine gennaio, di Anis Kaabi, responsabile del settore autostrade per il sindacato, in attesa di processo per aver organizzato uno sciopero sui pedaggi, generando perdite per l’azienda autostradale locale.
Criminalizzati gli africani
Sindacalisti, giornalisti, imprenditori e partiti di opposizione coinvolti nella campagna di arresti di questi giorni non sono, però, l’unico capro espiatorio additato dal governo come causa della crisi economica e politica in corso. Parallelamente, Saied sta intensificando anche le iniziative volte a criminalizzare la popolazione immigrata subsahariana. La sua campagna intitolata “Rinforzo del tessuto securitario e riduzione del fenomeno del soggiorno irregolare in Tunisia” si traduce da alcuni giorni in un’ondata di perquisizioni e arresti nei confronti delle persone subsahariane trovate sprovviste di un titolo di soggiorno, passibili di un anno di carcere quando non ne siano effettivamente in possesso.
Timori per la “sostituzione etnica”
In un comunicato diffuso lunedì a margine di un consiglio sulla sicurezza dedicato al tema, Saied ha allertato sulla situazione “innaturale” che si starebbe secondo lui determinando in relazione a un “piano criminale ordito all’inizio del secolo per cambiare la composizione demografica della Tunisia”. Nel paese, secondo il comunicato, un gran numero di persone provenienti dall’Africa subsahariana starebbero perpetrando “crimini, violenze e azioni inaccettabili”. Parole che ricordano immediatamente quelle con cui alcuni leader europei di estrema destra hanno agitato negli ultimi anni lo spettro della “sostituzione etnica” per confortare politiche di chiusura delle frontiere, rimpatri e respingimenti.
Il 22 febbraio, in serata, Saied ha inoltre annunciato la rimozione del ministro del Lavoro e della formazione professionale, Nasreddine Al-Nassibi e la nomina di Mounir Benjiba come nuovo segretario di stato presso il ministero degli affari esteri dell’immigrazione e dei tunisini all’estero.
Ma la sua posizione ha scatenato molte reazioni nel paese. Il Consiglio d’affari tunisino africano (Tunisian-African Business Council – Tabc) ha espresso, in un comunicato, la sua estrema preoccupazione per le recenti campagne e attacchi contro i cittadini dei paesi subsahariani, in particolare studenti o imprenditori regolari. «Denunciamo con forza le parole e le azioni razziste di questa atroce campagna. Ciò genera incomprensione e terrore tra gli studenti e i tirocinanti degli stati dell’Africa subsahariana iscritti alle università e ai centri di formazione tunisini», si legge nella nota. Il Consiglio ha voluto ricordare che la Tunisia, terra di accoglienza, tolleranza e aperta al suo ambiente mediterraneo e africano, «non è solo una porta d’accesso all’Africa, ma è anche un attore importante nel continente africano e svolge pienamente il suo ruolo finalizzato allo sviluppo e alla prosperità condivisa. Ha sottolineato, poi, che centinaia di aziende tunisine sono insediate nell’Africa subsahariana.
E per domani, 25 febbraio, è prevista una manifestazione a Tunisi del neonato Fronte antifascista contro il razzismo. Un collettivo di ong – di cui fanno parte tra gli altri il Forum per i diritti economici e sociali (Ftdes), il Snjt, la Lega tunisina per i diritti umani (Ltdh) e l’Associazione tunisina delle donne democratiche (Atfd) – che denuncia il «fascismo e il razzismo» propagandato dalla presidenza della repubblica e che chiedono l’immediato ritiro del comunicato rilasciato martedì da Cartagine.
La reprimenda dell’Ue
E mentre l’Ugtt invita a una nuova mobilitazione anti-governativa per l’11 marzo, da Bruxelles il rappresentante Ue per gli affari esteri e la Politica di sicurezza, Josep Borrell, ha fatto sapere che di Tunisia si discuterà nel prossimo Consiglio affari esteri. Borrell ha espresso inoltre «preoccupazione per i recenti sviluppi» auspicando che «le forze politiche e sociali tunisine lavorino insieme su un progetto comune».
In settimana, il ministro degli esteri italiano Antonio Tajani aveva messo l’accento su «flussi migratori preoccupanti» in arrivo dalla Tunisia, ipotizzando con il ministro europeo una visita imminente nel paese nordafricano.