Si trovano in Somalia e sono parte di un processo conosciuto come “dhaqan celis”, ovvero una sorta di ritorno alla cultura di origine: sono veri e propri centri di riabilitazione per ragazzi cresciuti all’estero e considerati troppo occidentalizzati. Un fenomeno abbastanza noto nella comunità somala, che più comunemente si traduce con il mandare i figli a vivere da qualche parente rimasto in Somalia. Negli ultimi anni però, è sempre più comune la scelta di mandare i figli in questi istituti, dai quali vengono inghiottiti senza più diritti o tutele, con il divieto di lasciare le strutture.
A raccontare quello che avviene all’interno di questi luoghi è l’Observer del Guardian, che ha pubblicato un lungo rapporto frutto di otto mesi di indagini e ricerche.
Non si conosce il loro esatto numero, in quanto operano fuori dalla legge e senza licenza. Perché quelli che agli occhi della famiglia sembrano normali centri educativi sono in realtà molto più simili a luoghi di detenzione, dove abusi fisici, psicologici e sessuali sono all’ordine del giorno. I ragazzi e le ragazzi che ne sono usciti denunciano aggressioni paragonabili alla tortura.
Non si tratta di scuole e non ci sono limiti di età, vi si può venire mandati anche superati i vent’anni – ma di solito, l’età più diffusa è quella dell’adolescenza, quando i segni di ribellione rispetto alla cultura d’origine della famiglia iniziano ad essere più evidenti. L’attività principale, stando a quanto raccontato dai testimoni, è lo studio del Corano.
Il fenomeno infatti risulta talmente esteso da aver indotto Direzione investigativa criminale (Dci) del Kenya a collaborare con l’ambasciata degli Stati Uniti per rintracciare e debellare queste strutture. Finora, risulta che siano stati salvati circa 300 studenti.
Purtroppo, ancora non esiste un quadro giuridico adeguato attorno a questo problema. Dopo l’irruzione della polizia, alcuni di questi centri sono stati chiusi, per poi però ricomparire a distanza di pochi mesi. Un intervento più strutturato è difficoltoso, a causa della terribile instabilità attraversata dal paese, ancora spezzato dalla piaga del terrorismo.