Più che un rimpasto di governo sembra un doppio salto mortale. Che si spiega solo se lo si guarda nella prospettiva delle elezioni presidenziali che si terranno nella Rd Congo il 20 dicembre prossimo.
Questa notte, con una comunicazione sugli schermi della tv nazionale, il portavoce del governo del presidente Félix Tshisekedi ha annunciato che Jean-Pierre Bemba, già capo di un gruppo armato e condannato dalla Corte penale internazionale (Cpi) per crimini contro l’umanità e assolto in appello, è stato nominato ministro della difesa e vice primo ministro.
Mentre Vital Kamerhe, ex direttore di gabinetto di Tshisekedi, condannato nel 2020 e assolto in appello nel 2022 per corruzione, ha assunto l’incarico di ministro dell’economia e, anche lui, di vice primo ministro.
Il rimpasto andava fatto dopo che, qualche mese fa, tre ministri del partito di Moise Katumbi si erano dimessi quando il loro leader aveva comunicato di presentarsi alle presidenziali.
Nel 2006, una sentenza di primo grado della Cpi aveva condannato Jean-Pierre Bemba a 18 anni di reclusione per i crimini contro l’umanità commessi dalle milizia ai suoi comandi in operazioni militari condotte nella repubblica Centrafricana tra il 2002 e il 2003. La sentenza d’appello del giugno 2018 ha assolto Bemba con formula piena.
Bemba disponeva di ottimi avvocati. Rimane il fatto che l’uomo politico, oggi sessantenne, ha un curriculum che non tranquillizza l’opinione pubblica ma che non preoccupa Tshisekedi, anzi. Con i suoi trascorsi, Bemba è esperto di gruppi armati e di milizie, e come ministro della difesa sarà certamente chiamato a occuparsi del nordest del paese che da trent’anni conosce una condizione di instabilità cronica.
L’esito delle presidenziali dipende anche dalle risposte che il governo riuscirà a dare alle province del nordest – Ituri, Nord Kivu e Sud Kivu – in termini di contenimento dei gruppi armati, alcuni dei quali sostenuti da Rwanda e Uganda.
Quanto a Vital Kamerhe, è un uomo politico che gioca a tutto campo, tanto da essere chiamato “il camaleonte”. Prima di essere a fianco di Tshisekedi aveva lavorato nello schieramento di Joseph Kabila, presidente del paese dal 2001 al 2018, ottenendo la presidenza del parlamento (2006-2009). Poi c’è stata la rottura con Kabila.
Numerosi analisti sostengono che, a ridosso delle lezioni del 2018, Tshisekedi e Kamerhe avessero fatto un patto: se il primo avesse vinto le elezioni, come è avvenuto, il secondo si sarebbe presentato a quelle del 2023. Per questo quando è scattata l’accusa di corruzione e la condanna di Kamerhe si è subito pensato a un regolamento di conti, tanto più che poi Tshisekedi si è ricandidato.
Ora “il camaleonte” è di nuovo in pista. Con le sue estese relazioni politiche potrà giovare alla rielezione del presidente uscente. E se lo scenario politico dovesse cambiare ricorrerà ancora alle sue doti mimetiche… (RZ)