Kenya: cresce lo scontro tra governo e opposizione - Nigrizia
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Al centro della contesa caro vita, risultati delle elezioni di agosto e composizione della Iebc
Kenya: cresce lo scontro tra governo e opposizione
Il ricorso alla piazza da parte della coalizione Azimio segna un’escalation nella protesta anti-governativa. Il leader sconfitto Raila Odinga rivendica ancora la vittoria alle elezioni presidenziali e chiede pluralismo nella nomina della nuova commissione elettorale. A infiammare la popolazione è però soprattutto l’aumento del caro vita, per molti diventato ormai insostenibile
27 Marzo 2023
Articolo di Bruna Sironi (da Nairobi)
Tempo di lettura 5 minuti
L'oppositore Raila Odinga (a sinistra) e il presidente William Ruto

I mesi passati non sono stati facili per il Kenya, e quelli futuri potrebbero essere anche peggiori.

Maggioranza ed opposizione si stanno confrontando duramente e per ora non si vede uno spiraglio che faccia pensare ad una composizione delle divergenze in tempi brevi. Anzi, lo scontro sembra ormai passato dalle aule del parlamento e dalle pagine dei giornali alle piazze.

Lunedì scorso, 20 marzo, la prima manifestazione nazionale convocata dal leader della coalizione di opposizione, Raila Odinga, è riuscita a paralizzare il centro di Nairobi e alcuni quartieri, come la baraccopoli di Kibera, oltre a diverse altre aree del paese.

Durante le manifestazioni le forze di sicurezza hanno fatto uso abbondante di gas lacrimogeni e hanno caricato i manifestanti, alcuni dei quali hanno compiuto razzie e atti di vandalismo. Alla fine della giornata il bilancio era di un morto, numerosi feriti e innumerevoli danni.

La mobilitazione popolare, ha dichiarato Odinga, è solo all’inizio. Le manifestazioni continueranno il lunedì e il giovedì di ogni settimana fino a quando il governo non darà risposte alle richieste dell’opposizione. Intanto la polizia ha vietato le proteste, intervento destinato ad aumentare scontri e frustrazione.

Elezioni passate e future

I problemi sul tappeto sono prima di tutto di natura politica e riguardano in modo particolare la legittimità delle elezioni dello scorso agosto e la democraticità di quelle future.

Neppure dopo la sentenza della Corte suprema la coalizione di opposizione e il suo leader, Raila Odinga, hanno accettato il verdetto della commissione elettorale nazionale (Iebc, Independent Electoral and Boundaries Commission) che ha assegnato la vittoria alla coalizione guidata da William Ruto.

Odinga sostiene di aver vinto con un ampio margine. La convinzione è basata su un dossier non ufficiale che sarebbe stato fatto filtrare da una gola profonda della Iebc stessa. Chiede perciò che venga aperto il server che ha lavorato durante le elezioni per controllare come si sia arrivati al risultato ufficiale. Il governo non è disponibile a farlo, avendo dalla sua parte il verdetto della Iebc e la sentenza della Corte suprema.

Le contestazioni, anche dall’interno, di cui la commissione elettorale nazionale è stata oggetto durante le scorse elezioni hanno motivato alcuni suoi componenti a dimettersi, mentre altri, compreso il presidente Wafula Chebukati, hanno finito il proprio mandato di sei anni, improrogabili. Di fatto la Iebc va rinnovata quasi per intero.

Maggioranza e opposizione divergono sulle modalità di reclutamento dei nuovi membri. Il presidente Ruto intende procedere in base alle prerogative che gli derivano dall’essere al governo. L’opposizione sostiene che in questo modo si mette in gioco la percezione dell’imparzialità stessa della commissione e chiede di fermare il processo che è già iniziato.

Sarebbe insomma in gioco la stessa democrazia, ha dichiarato Martha Karua, che ha corso per la vicepresidenza con Raila Odinga, chiedendo ai kenyani di scendere in piazza per difendere i propri diritti democratici.

La crisi morde

Ma ugual peso nella protesta hanno i crescenti problemi economici che stanno rendendo sempre più difficile ai kenyani mantenere lo standard di vita cui erano abituati, e pesano in particolare sui ceti sociali più deboli. Il costo dei beni di prima necessità è in costante aumento, in parte per cause non riconducibili direttamente alle politiche governative.

La siccità che devasta ormai da diverse stagioni una buona parte del Paese, ha limitato la produzione agricola di prodotti come il mais che è alla base della dieta della popolazione. Le importazioni di mais e di altri cereali, degli olii di semi, dei fertilizzanti, sono state resi difficili dal conflitto russo in Ucraìna che ha reso più costoso sul mercato internazionale anche il carburante per i trasporti e il gas per cucinare.

Sono stati inoltre preannunciati importanti aumenti dell’energia elettrica per il rinnovo degli impianti ormai obsoleti, che lasciano spesso ampie zone del paese al buio. E questo farà aumentare ancor di più il costo della vita e il disagio della popolazione. L’inflazione nel mese di febbraio è stata del 9,2%, secondo stime di analisti credibili. E non ci si aspetta una diminuzione nell’arco di quest’anno.

Il presidente Ruto, però, ha condotto una campagna elettorale centrata sulla promessa che avrebbe fatto diminuire i prezzi dei beni di prima necessità nei primi 100 giorni del suo governo. Invece, nelle primissime settimane, ha tolto i sussidi con cui il governo precedente calmierava il mercato. Ora l’opposizione chiede che siano ripristinati, in modo da permettere alla gente di mettere qualcosa nel piatto almeno due volte al giorno.

La crisi è segnalata anche dall’importante svalutazione della moneta. Nel terzo trimestre dell’anno scorso un euro veniva cambiato con 120 scellini kenyani circa. Nell’ultimo mese si cambia invece attorno ai 140, con un’accelerazione nella perdita di valore.

In questa condizione, oggettivamente critica, la tensione fra maggioranza e opposizione sembra crescere di giorno in giorno e questo preoccupa molto la popolazione. Sondaggi citati il 25 marzo dal Daily Nation, il quotidiano più diffuso del paese, dicono che il 48% dei kenyani pensa che il Paese stia andando in una direzione sbagliata, contro il 37% che pensa il contrario. Ma solo 1 su 3 pensa che la mobilitazione continuativa organizzata dall’opposizione potrà cambiare la situazione.

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